L’attenzione si sposta poi sulla figura di Kemal Atatürk e sulla sua influenza sulla società turca di ieri e di oggi, sulla sempre minore influenza delle forze armate,e su come le riforme di Erdoğan che ne hanno ridimensionato il ruolo vadano nella direzione di un sistema politica liberale e democratico, non certo autoritario come i precedenti. L’autore si sofferma anche giustamente sui problemi finora irrisolti della Turchia, vale a dire i diritti delle minoranze, come i Curdi e gli Aleviti, la questione armena e la questione cipriota, sottolineando come tale ultima questione stia diventando l’aspetto principale dell’adesione della Turchia all’Unione Europea, senza dimenticare però che le posizioni delle due parti al tavolo dei negoziati partono da percezioni che “sono vere solo parzialmente”, con l’Europa che ha finito per sposare le ragioni della comunità greco-cipriota, che ha respinto il piano di pace predisposto dall’Onu, finendo per dimenticare le ragioni di chi invece quel piano l’aveva approvato, la comunità turca di Cipro Nord.
Le conclusioni dell’ambasciatore Marsili sono che l’adesione della Turchia, con i suoi ritmi di crescita economica e demografica, assicurerebbero all’Unione Europea un ruolo di maggiore rilievo sulla scena internazionale, appare pesantemente condizionata dal fattore cipriota, assieme ai pregiudizi antiturchi di alcuni leaders e vasti settori europei, oltre ad un certo doppiopesismo della burocrazia di Bruxelles, ma bisogna proseguire sulla strada del negoziato, senza escludere a priori la spartizione dell’isola in due stati indipendenti e sovrani, perché “senza un colpo d’ala della politica, di quella vera, dotata di visione e lungimiranza, la più grande occasione di allargamento per l’Unione Europea sarà andata perduta”.