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La Turchia di Lucia Annunziata

Creato il 08 agosto 2011 da Istanbulavrupa

La Turchia di Lucia AnnunziataLa Stampa ce l’ha proprio con la Turchia: non bastavano Marta Ottaviani e Vittorio Emanuele Parsi a offrirne un’immagine distorta e a tratti caricaturale, ieri ci si è messa anche Lucia Annunziata con un réportage – da Istanbul – in cui ha parlato prevalentemente delle conseguenze per la Turchia della crisi siriana.

Dico: ma che senso ha – turismo a parte – farsi un viaggio fino a qui e riportare esclusivamente l’opinione di un giornalista occidentale – Gareth Jenkins – per di più fervente critico dell’Akp?

Vediamo di analizzare un paio di passaggi significativi:

Da fine giugno la situazione è drasticamente peggiorata. Dal primo Agosto la famiglia Assad ha scelto la strada della strage. E se l’Occidente sembra attaccare (un po’), la Turchia si è limitata a un modesto avvertimento. Reticenza che è segno – come sostiene il maggior esperto di sicurezza in Turchia, Gareth Jenkins, senior fellow dell’Istituto Central Asia/Caucasus – di imbarazzo, e di indecisione.

Ne ho già parlato, tornerò a parlarne presumibilmente mercoledì: ma la Annunziata ignora platealmente i fatti – cioè, i ripetuti e pressanti inviti a iniziare un percorso riformistico, le dure condanne della sanguinosa ripressione – e di certo Jenkins non la aiuta. Ma quale imbarazzo? Ma quale indecisione? La linea della Turchia è stata chiarissima e coerente: massimo appoggio se Assad sceglierà la strada delle riforme, isolamento in caso di pugno di ferro verso l’opposizione: alla quale è stato permesso di organizzare un meeting ad Antalya. Anche a costo di congelare il “progetto Shamgen“.

Due settimane fa l’annoso braccio di ferro fra il governo di Erdogan e Gul e i militari, parte a sua volta di una decennale tensione fra civili e militari dentro il Paese fin dalla sua rifondazione per mano di Atatürk (un militare), è finita con le dimissioni di massa dei vertici militari. Erdogan e il Presidente Gul hanno risposto nominando due giorni fa nuovi vertici dell’esercito. La conclusione ha avuto diverse letture (rafforzamento «autoritario» del governo, o apertura democratica?) – ma di sicuro sposta il pendolo a favore dei civili.

La conclusione ha avuto diverse letture? Rafforzamento “autoritario” del governo? Siamo alle solite: il mondo alla rovescia! Non è frutto di interpretazioni – né può essere soggetta a letture alternative – quella che è invece una banale constatazione: in tutte le democrazie occidentali, il potere militare è subordinato al potere civile. E l’obiettivo di Erdoğan è proprio quello di eliminare l’influenza antidemocratica delle forze armate nella sfera politica e di rendere la Turchia un paese democraticamente normale. Un giornalista autorevole non dovrebbe farlo notare?



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