La Turchia di Monica Ricci Sargentini

Creato il 18 febbraio 2013 da Istanbulavrupa

No, non è mia intenzione litigare con tutti i colleghi che si occupano – saltuariamente o regolarmente – di Turchia: ma in alcune circostanze delle osservazioni critiche sono indispensabili. Leggo assiduamente da qualche mese, infatti, il blog “Le persone e la dignità“: curato da Monica Ricci Sargentini del Corriere della Sera e da Riccardo Noury di Amnesty International; come specificato nella presentazione, “Il [loro] obiettivo comune è tenere lo sguardo fermo su quello che succede nel mondo, tra grandi crisi internazionali e fatti quotidiani nelle nostre città. Dalla libertà d’espressione al rischio di genocidi in luoghi dimenticati, dal traffico illegale d’armi alle violenze domestiche. Raccontando le storie di attivismo, coraggio e resistenza.”

E’ ovvio che con un’impostazione del genere si finisce per offrire un’interpretazione molto tendenziosa su quello che succede nei singoli paesi: la dimostrazione è nei commenti che traggo dal blog e presento nella mia rubrica sui “pregiudizi degli italiani”, in cui – parlo dei commenti – la Turchia emerge come un misto tra Arabia Saudita e Cile di Pinochet.

L’ultimo post dedicato alla Turchia va però molto oltre: perché parla delle nuove divise – gonne e cappotti più lunghi – del personale di bordo della Turkish Airlines e della nuova e apparentemente più restrittiva politica sugli alcolici (limitatamente ai voli domestici) della compagnia di bandiera turca. Il punto è: ma cosa c’entra tutto ciò con le crisi internazionali, con la libertà di espressione, col rischio di genocidi, col traffico illegale d’armi, con le violenze domestiche, con le storie di “attivismo, coraggio e resistenza” di cui dovrebbe parlare quel blog? Ecco, non c’entra un bel niente! Solo, questi fattarelli e notiziole – accettati acriticamente e messi uno dietro l’altro – vengono presentati come la prova provante di un fenomeno chiamato “islamizzazione” di cui il governo dell’Akp sarebbe responsabile: senza mai spiegare – ovviamente – in cosa consiste e perché sarebbe necessariamente qualcosa di negativo. Scrive la collega: “l’articolo mette insieme una serie di segnali, poi chi li vuole cogliere li coglie”. Segnali… di cosa? Io più che altro rabbrividisco!

Eppure, qualcuno ha provato a farla ragionare con riferimenti fattuali e richiami alla logica: “trovo la divisa colla gonna sotto il ginocchio estremamente elegante e professionale, o una donna per essere “libera” deve avere sempre e comunque le gambe al vento?!? Inoltre la divisa della Eesy Jet, ad esempio, prevede che le hostess portino i pantaloni, immagino perché sono molto più pratici di una gonna corta: anche la EaasyJet è una compagnia islamica? Altra cosa: la El Al serve solo pasti kosher e nessuno grida allo scandalo, perché invece tutta questa polemica per la Turkish Air?!?“; o anche: “Se proprio dobbiamo discutere di dignità, mi sembra che le scelte della compagnia aerea turca la tutelino molto meglio di certe compagnie occidentali, che farebbero volare le hostess nude pur di attrarre passeggeri. Il lavoro della hostess è assistere i passeggeri, non far vedere le gambe. Se poi vogliamo cercare l’islamizzazione strisciante ad ogni costo…“; e persino: “Certo e’ interessante parlare dell’islamizzazione del potere, ma per favore facciamolo con argomenti seri! esiste la politica, esiste la filosofia, esiste la sociologia… ma perche’ vi incancrenite sulle abitudini di vita? Signora ma lei e’ mai stata chesso’ in India, dove le donne girano tutte belle colorate, col pancino scoperto.. e poi fanno una vita che neppure la piu’ disgraziata moglie di un talebano si augurerebbe? certo se ci si ferma avedere il Taj Mahal e’ tutto bello… Oppure vogliamo parlare delle condizioni di dignita’ delle donne africane o sudamericane, di quei cattolicissimi paesi dove le bambine vengono vendute come agnelli al mercato?

Ma niente, non c’è stato verso; invece, sarebbe per tutti molto utile se la collega spiegasse cos’intende in concreto per “islamizzazione” e perché ritiene che questo fenomeno abbia implicitamente conseguenze negative; far pensare subdolamente all’esistenza di mostri e pericoli finisce con lo scatenare i bassi istinti, a creare quei pregiudizi che prendono il nome di “islamofobia”: che è invece quel disgustoso fenomeno che si manifesta nei commenti a ogni post sulla Turchia del blog “Le persone e la dignità”. Non è proprio questo – l’islamofobia – il problema che chi tiene al rispetto dei diritti dell’uomo dovrebbe denunciare e combattere?

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