La Turchia e la strategia della triangolazione

Creato il 22 agosto 2011 da Istanbulavrupa

Oggi, giornata di letture. Dopo il saggio di Mead, me ne sono letto un altro – a firma Tony Badran – su Foreign Affairs. Il saggio continene molte informazioni utili sul ruolo della Turchia nella crisi siriana e sul coordinamento Washington-Ankara, ma l’interpretazione lascia molto a desiderare: non c’è da stupirsene però, Tony Brandan – studente di dottorato – è un agit-prop che lavora alla Fondazione per la difesa della democrazia, il thank tank di Washington per il quale il mondo si divide tra occidentali democratici e buoni (e non si sa per quale ragione, nella categoria rientra Israele) e tutti gli altri brutti e cattivi.

In sostanza, la sua accusa è che la Turchia non vuole le riforme in Siria (“vuol sfruttare e non risolvere i problemi”): perché il suo obiettivo strategico è di “triangolare”, di fare da mediatore tra il “blocco Iran” e il “blocco Usa – regimi arabi moderati” e se la Siria vivesse una stagione di riforme allontanandosi dall’Iran questo ruolo le sarebbe precluso. A me sinceramente sfugge il senso logico di questa interpretazione: cioè, anche se l’impostazione della politica estera turca fosse questa – e come sappiamo, non lo è – se non fosse più possibile esercitare questo ruolo di mediazione che Brandan le assegna, chi le impedirebbe di cambiare strategia e di trovarsi un altro ruolo?



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