La Turchia, gli Usa e la lotta internazionale al terrorismo

Sulla stampa kemal-leghista – o occidentalista (per la quale Usa, Europa e le varie appendici coloniali, dall’Australia a Israele, sono i buoni: tutti gli altri i cattivi) – spesso leggiamo della Turchia che si è “allontanata” dall’Occidente e dagli Usa per guardare a Oriente e all’Iran: si tratta di un’interpretazione strampalata, prodotta non dall’analisi critica ma dalle esigenze propagandistiche. Non voglio lanciarmi per l’ennesima volta a spiegare per filo e per segno come stanno realmente le cose, mi limito a evidenziare due elementi significativi che spazzano via queste solenni sciocchezze: e del resto, durante la sua visita in occasione del vertice del gruppo di contatto sulla Libia – il 15 e 16 luglio – Hillary Clinton era stata piuttosto esplicita nell’evidenziare la solidità strategica dei rapporti bilaterali turco-americani (prova ne è stata la continua consultazione tra Turchia e Usa al momento del viaggio di Davutoğlu a Damasco). Innanzitutto, proprio il venerdì in cui è scattato il “piano B” nei confronti di Israele, la Turchia ha ufficialmente annunciato di aver definitivamente accettato l’installazione – sul suo territorio – di un radar che fa parte del futuro sistema anti-missilistico della Nato; mentre ieri la stessa Clinton ha rivelato – nel corso di un importante discorso sulla lotta al terrorismo, alla vigilia dell’anniversario dell’11 settembre – che gli Usa e la Turchia presiederanno congiuntamente l’istituendo (a fine mese) Global Counterterrorism Forum: che raccoglierà una trentina di paesi – alleati, paesi emergenti, paesi musulmani – e avrà il compito di coordinare a livello internazionale la lotta al terrorismo. Insomma, i kemal-leghisti farebbero meglio a cambiare mestiere: perché non ne indovinano una!