La Turchia guarda a Oriente?

Creato il 01 febbraio 2013 da Istanbulavrupa

La domanda è diventata un refrain: “la Turchia guarda a Oriente?” Dove con Oriente – fino alla scorsa settimana – commentatori, polemisti e analisti intendevano essenzialmente il mondo islamico: soprattutto in virtù della mediazione turco-brasiliana sul nucleare iraniano, dell’incidente sanguinoso della Mavi Marmara assaltata dai commandos israeliani in rotta verso Gaza, dell’influenza politica ed economica cercata in Medio oriente con particolare insistenza all’indomani del ‘risveglio arabo’. Il ‘guardare a Oriente’ della Turchia – insomma – prefigurava uno spostamento di asse, il riorientamento della politica estera guidata dal ministro Ahmet Davutoğlu, l’abbandono del ‘blocco occidentale’ – Nato e Unione europea – da parte di Ankara.

Ci s’interrogava in blocco – inclusi l’allora ministro Frattini e il presidente della Commissione europea Barroso – su chi avesse perso la Turchia o sul perché la Turchia avesse smarrito la retta via verso Bruxelles, magari stanca degli ostacoli frapposti – e dai pregiudizi esibiti – principalmente da Francia, Germania e Austria (con la complicazione cipriota). C’è chi è arrivato a scomodare – in mancanza di migliori argomenti – i califfi, i sultani, i gran vizir: denunciando la volontà di ritornare a un mondo minaccioso fatto di scontri all’ultimo sangue, più che di convergenze e integrazione. “La Turchia è stanca di aspettare e ha deciso di guardare altrove”, questa l’interpretazione più diffusa: un’interpretazione però regolarmente respinta dai diretti interessati, impegnati a intessere rapporti diplomatici e commerciali con tutte le periferie, dai Balcani all’Africa passando per l’Asia centrale.

Da qualche giorno, dopo un’intervista in tv del premier Erdoğan la domanda-ritornello ha assunto un significato molto diverso. Perché il leader dell’Akp – il partito conservatore d’ispirazione islamica al potere dal 2002 – ha sollevato dubbi sul buon esito dei negoziati di adesione all’Ue e ha rivelato di avere l’alternativa già pronta: l’Organizzazione per la cooperazione di Shangai (Sco) con Russia e Cina, “più forte e potente dell’Europa” e magari in futuro “allargato a India e Pakistan”. Gli editorialisti si sono sbizzarriti, dividendosi sostanzialmente in tre gruppi: Erdoğan vuole blandire la sua base islamista, che nutre ancora sentimenti anti-occidentali e anti-imperialisti; Erdoğan si è reso conto che alla Turchia non verrà mai consentita una membership piena dell’Europa dei 27 e cerca un ‘piano B’; Erdoğan è ancora convinto dell’opzione europea e cerca di mettere pressione a chi resiste l’ingresso turco.

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(il resto, direttamente sul sito de L’Indro)

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