Altri due gli appuntamenti a Istanbul: il vertice conclusivo di sabato 15 - a livello di ministri degli esteri - del semestre di presidenza turca dell'Organizzazione per la cooperazione economica del mar Nero e la grande conferenza internazionale di tre giorni dedicata alla cooperazione regionale in Eurasia e organizzata dalla Piattaforma per la cooperazione internazionale, col sostegno della presidenza della Repubblica e dall'Assemblea degli esportatori turchi (Tim). La cornice è stata di assoluto prestigio, il palazzo già ottomano di Çırağan in riva al Bosforo trasformato in albergo di lusso; e la partecipazione di grande rilievo: ministri, diplomatici, economisti, uomini d'affari. L'obiettivo, quello ormai prioritario nell'azione del ministro degli esteri Davutoğlu: creare attorno alla Turchia, centro geopolitico del continente afro-eurasiatico, una cintura di stabilità e prosperità - un nuovo ordine medio-orientale e neo-ottomano all'insegna del regionalismo, fondato sulla cooperazione politica e sugli scambi commerciali e culturali.
Il presidente Gül ha parlato durante la sessione inaugurale gremitissima, in videoconferenza: ha posto l'Eurasia - "crocevia di rischi e opportunità" - al centro degli equilibri mondiali, ha auspicato che i meccanismi di cooperazione regionale in via di perfezionamento possano essere la base di una riforma complessiva - e inclusiva! - del sistema delle relazioni internazionali, ha assegnato "un ruolo vitale al ripristino della via della Seta" per congiungere di nuovo la Cina al Mediterraneo, ha evidenziato l'enorme potenziale di crescita virtuosa nel commercio, nei trasporti, nel settore energetico. L'intenzione è palesemente dichiarata: la Turchia non vuole essere un semplice 'ponte' tra Oriente e Occidente, vuole essere catalizzatore e motore dell'integrazione regionale; non un'area di anonimo passaggio, ma l'artefice principale del cambiamento.
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(il resto, su L'Indro)
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