Nei giorni scorsi, in occasione di una lunga conversazione con una personalità politicamente molto influente della comunità greco-ortodossa (l’intervista completa la leggerete in seguito), ho constatato con immenso piacere che non sono il solo a pensarla così. Il mio interlocutore mi ha infatti parlato di come i problemi – di democrazia, di libertà – della Turchia contemporanea abbiano avuto origine dalla pretesa assurda di voler imporre un modello unico – laicista e turcocentrico – a quello che era un paese “polifonico”; di come a partire dal 2002 sia in atto una vera e propria “primavera turca” contro questo sistema autocratico e liberticida; di come ci vorranno a suo avviso almeno due generazioni per neutralizzare le barriere mentali imposte dalla burocrazia, dal sistema educativo, dal sistema mediatico. Ma gli enormi progressi già realizzati – nonostante errori, imperfezioni, esitazioni, scelte in alcuni momenti poco coraggiose, parziali ripensamenti, colpi di coda dell’ancien régime – sono sotto gli occhi di tutti (e conoscere la storia ottomana di certo aiutare a dare la giusta interpretazione).
La Turchia polifonica: credo che prenderò in prestito molto spesso questa espressione, evocativa e autentica.