Dunque La7, dicevamo. Guarda caso si parla di insulti, guarda caso c’è di mezzo internet:
«È l’altra faccia della sobrietà nuovo corso. È il fronte estremo dell’offesa in libertà, divulgata va da sé in quel calderone ribollente di pensieri e parole – spesso più parole che pensieri – che si chiama Facebook. Luogo strategico per comunicare, anche per i nostri politici, a prescindere – direbbe Totò – dal contenuto. E nella gara di insulti, omofobia e razzismo la fanno da padrone, come certificato dagli ultimi casi, fotografia tanto imbarazzante quanto d’attrito cliché di un’Italia né educata, né sobria, né tantomeno europea».
I due, in fantozziana concomitanza, vengono bacchettati sonoramente per alcune uscite poco felici e comunque gravi, soprattutto se si considera il consueto sermone sulle “responsabilità istituzionali” che un politico dovrebbe tenere. Per il ligure Mauro Icardi sarebbe stato fatale un cavernicolo auspicio al ritorno dei forni crematori, da dedicare agli immigrati clandestini. Per l’assessore Ripa invece, galeotto fu il commento da bar di quartiere sul suo presidente regionale Nichi Vendola – «signorina affetta da turbe psichiche», avrebbe scritto – all’interno di una discussione sui fondi per le politiche sanitarie in Puglia, e sulle relative liste d’attesa. Il clima plumbeo e intriso di sobrietà non transige, ed impone l’intolleranza all’intolleranza. Blitz e punizioni. L’intolleranza al calore, l’intolleranza al colore.
Dunque, il canale che ormai in Italia spadroneggia in ascolti e consensi, rimane comunque fedele alla fin qui perdente logica dell’abbattimento del nemico. L’impressione è che il focolaio degli sputi e degli insulti tanto esorcizzato nel servizio faccia parte di una guerra, frutto di un sistema e di un contesto di grandezze indefinibili. Una guerra fantasma, in cui la cavalleria avversaria è ormai rimaneggiata e disarcionata. Una guerra che però continua, incessante e un po’ ovattata; in cui televisione e giornali impacchettano opinioni consumabili, evitando il gusto un po’ anacronistico della notizia cruda. Eccolo là, il nemico. Ѐ accanto a te. Tu credevi che il problema fosse lassù, invece no. Il problema è lui, dunque il problema sei tu. Come dice Monti: «Chiediamoci anche noi cittadini, non che cosa possa fare l’Italia per noi, ma che cosa possiamo fare noi per l’Italia».
Roba da Debord, o da psicologia militare. Roba da sentire ancora necessaria una battaglia contro l’assessore leghista, il sottosegretario comunista, il funzionario pubblico ex fascista. Anche e soprattutto in tempi come quelli attuali, ove la portata degli avvenimenti e la moltiplicazione esponenziale dei punti di domanda dovrebbero indurre ad analisi e riflessioni ad raggio ben più ampio. Gli anni inzuppati di “educazione, sobrietà ed europeismo”, parole adattate al nuovo corso e modello a cui aspirare, più che vocaboli da comprendere.
Una catena di montaggio eccelsa, a cui internet parzialmente sfugge, offrendo perlomeno una via di scampo occlusa dai media tradizionali, dove il culto dell’emblema, della formula e dell’immagine maramaldeggia. Ecco perché il leghista che impazzisce su Facebook diventa una notizia. Ecco perché il messaggio che passa dal servizio assomiglia ad un discorso pronunciato dal balcone, teso a minimizzare la portata del social network – e del Web, in generale -.
(Pubblicato sul “Fondo Magazine” del 10 gennaio 2012)