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La tv è morta, viva la TV

Creato il 09 novembre 2013 da Liviux
Dopo quarant'anni di onorato servizio la televisione a casa nostra va definitivamente in pensione. È stato un consiglio di famiglia a decretarlo. Dopo che l'ingombrante elettrodomestico nero è rimasto spento per più di un mese senza che nessuno desse segni di crisi d'astinenza, calo della coscienza civile, ritardo mentale o culturale abbiamo deciso di far posto ad un ficus benjamin (che a gente sprovvista di pollice verde è una pianta che da dante soddisfazioni).
Di fronte ad una decisone del genere il classico neo giovane - hipster - always wired arriccerebbe il naso sopra quei suoi baffetti da Errol Flynn pachistano e commenterebbe con un "era ora" sussurrato dall'alto del suo sfinimento esistenziale. Per me invece è un momento emozionante.
Sono nato quando ancora i Beatles stavano insieme; Janis Joplin, Jimi Hendrix, John Lennon e Frank Zappa erano ancora vivi e giovani; Star Trek non era ancora andato in onda e di computer non si parlava neppure al TG3 che non esisteva, neppure quello. Avevo un giradischi Lesa che ingoiava 45 giri e vomitava musica gracchiante.
La tv è morta, viva la TV
La collezione, di famiglia, comprendeva Sergio Endrigo (che canta Vinicius de Moraes), Rita Pavone, il discorso della Luna di Papa Giovanni XXIII quello: "Tornando a casa date una carezza ai vostri bambini", Patrick Hernandez e Ramaya (va bene la mia cultura musicale di allora non era un granché, ma ora posso citare almeno tre canzoni di Creedence Clearwater Revival e fischiettare Almann Brothers). E questo era tutto l'intrattenimento tecnologico a disposizione. Il resto era un'oretta, forse meno della TV dei ragazzi su un Telefunken a colori (da ex deportato mio padre ha sempre avuto massima fiducia nei prodotti tedeschi) che funzionava a pulsanti, con ben sette canali, e un sistema di equalizzazione del suono.
La tv è morta, viva la TV
Canzonissima, gli schetch (siparietti) di Sandra e Raimondo, una giovanissima Raffaella Carrà (il suo ombelico è stato il primo indizio di un mondo morbido e meraviglioso che avrei cominciato a frequentare molti anni dopo). In ogni caso la mia esistenza è stata determinata dalla televisione.
-Il primo ricordo è la lunga diretta notturna delle elezioni del 1976 dove io, comunista di dieci anni, sperai sul serio che i buoni questa volta vincessero.
-Un papa infallibile che il 16 ottobre 1978 si affaccia alla finestra e dice "se mi sbaglio mi corigerete" e l'altro che, molti anni dopo,  esordisce il pontificato con un ecumenico "buonasera".
-Un bambino di nome Alfredo finisce in un pozzo e con mia madre accendiamo di tanto in tanto il televisore per vedere se riescono a salvarlo. Malgrado una delle dirette più lunghe della storia della televisione italiana il bambino muore solo, incastrato nel buio di un pozzo. È il giugno dell'81.
-La sera dell'ottantadue in, in un televisore dalla sintonia precaria, in mezzo al Parco dell'Argentera, ammiriamo Tardelli che si sfigura in una espressione di gioia dopo aver insaccato alle spalle di Schumacher portiere della nazionale tedesca (no, poi non è andato in Formula uno, quello è un altro Schumacher). Una vittoria francamente imparagonabile con quella dei fighetti del 2006
-E l'addio a Berlinguer. (si perdoni il commento di Bruno Vespa)
-Metà luglio del '92 a casa di mio padre apprendiamo che anche Borsellino è stato ammazzato. La dichiarazione del giudice Caponnetto toglie il fiato e la speranza.
-Un giorno torno dalla Ferrero (quella della Nutella) dove avevo tenuto una lezione sul web design. Trovo i miei colleghi di fronte alla televisione (un 14 pollici Sony su cui guardavamo i Simpson e, loro i miei colleghi, Dragon Ball). Erano più o meno le tre del pomeriggio e le Torri gemelle del WTO (sulle quali ero salito fino in cima qualche mese prima ) stavano bruciando.
E poi tante altre cose che non sto qui ad elencare, frammenti di rituali comuni da commentare il giorno dopo e che da oggi non ci saranno più. Ho sempre pensato che pur nella sua superficialità la televisione ci abbia regalato un terreno comune che ha, in parte, formato la nostra cultura comune. Ora che questa "piazza" sta venendo a mancare sono curioso di vedere come troveremo di nuovo piccole e grandi cose di cui parlare insieme. Intanto largo al ficus benjamin

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