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La Valse des Monstres

Creato il 01 aprile 2011 da Paola_granieri


E così quel pomeriggio di maggio andammo alla visita.

Tutti insieme, mamma, papà, Chiara di 9 mesi, io, che guidavo.
Stavamo zitti.
Io guardavo la strada, gli altri non so. Non ho mai smesso di chiedermi a cosa pensasse papà. Ogni tanto lo seguivo con la coda dell'occhio.
Avevo messo il cd che gli piaceva, quello di Amelie, come sempre cercavo di dare alla musica il ruolo di sorreggere i pesi.
"Che belle musiche", mi diceva, tornando a casa. Avevo l'abitudine di lasciarglielo spento lo stereo della macchina, però sapevo che alcune cose gli piacevano, come Paolo Conte. Oppure Yann Tiersen, appunto. Tutte le volte che scoprivo qualcosa che potesse avvicinarsi ai suoi gusti "dimenticavo" di spegnere il lettore cd. Sapevo che avrebbe detto che erano musiche bellissime.
Dicevo sempre che gli avrei fatto un cd da tenere nella macchina grande. Per quando andavano a Tirli.
Sarà stato per la fisarmonica. Tante volte mi aveva raccontato che da giovane sapeva suonarla. Mamma diceva che doveva stare da qualche parte in cantina.
Un paio di commenti sulle belle musiche.
Guardavo dritto la strada e mi sentivo in soggezione, come tutte le volte che mio padre era seduto in macchina di fianco a me.
Facevo sempre guidare lui, mi sentivo sempre così insicura, nonostante guidassi esattamente come lui. Me ne accorgevo da come si faceva scivolare il volante dalle mani, quel modo di tenere la mano appoggiata sulla gamba.
Noi che ci preoccupavamo di come avremmo fatto a convincerlo a smettere di guidare quando non avrebbe avuto più l'età per farlo. Lui, che raccontava orgoglioso che sotto il servizio militare guidava il camion e aveva tutte e quattro le patenti, che ora gli avevano tolto, per via dell'età.
Ci arrabbiavamo tanto per la sua cattiva abitudine, direttamente proporzionale al tempo che passava, di correre troppo sulla Siena - Grosseto.
Negli ultimi mesi aveva collezionato non so quante multe per eccesso di velocità. Aveva dovuto fare il corso per riprendere i punti della patente. Gli urli di mamma.
Io l'ho capito quel giorno che si è seduto sulla Yaris dal lato passeggero senza dire niente, lasciandomi tutto in mano.
Qualche giorno prima avevo sognato di perdere un dente, l'incisivo. E avevo avuto paura, a febbraio, per mamma, avevo sognato zia Lidia.
"Lascia perdere!Non è niente, è che stai preoccupata", aveva detto mamma.
Ad un certo punto smetti di avere paura.
La paura non è altro che paura del peggio, della mazzata.

Dopo che ti hanno detto la cosa peggiore che tu potessi sentirti dire, non c'è più nulla da temere.
Sviluppi una sorta di lucida follia. E credi di sapere già tutto quando non sai niente di ciò che ti aspetterà, del percorso che dovrai fare.
Io mi ero limitata a decidere di non piangere. Tanto avrei avuto tempo in abbondanza per strapparmi tutti i capelli dalla testa, dopo.
Oggi che scrivo non so se sia stata la scelta giusta, se lui non si sia sentito solo senza le nostre lacrime.
Nessuno di noi ha mai pianto davanti a lui, volevamo essere forti.
Quel pomeriggio sotto il sole di maggio stavamo andando dall'oncologa.
Il cd di Amelie suonava dal lettore.
Stavamo zitti.
Papà però non lo sapeva, o forse sì, ma fingeva di non sapere.
E' successo tutto così in fretta.

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