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La vasca di marmo

Da Foscasensi @foscasensi

E quando sei venuta a bussare alla mia porta fasciata in una tuta e un paio di occhiali scuri che non hai tolto, quando hai parlato delle solite cose con l’aria di chi ha saputo prendersi le proprie piccole responsabilità, e quando mi hai salutata con due baci lontani lontani, ho capito che qualcosa di importante era capitato, che tu ed io eravamo cresciute, amica mia, e che non potevamo farci nulla. Ma tu non ricordi forse  i pomeriggi in cui abbiamo perso la voce a raccontare favole di labirinti e castelli, a inventare magie, ad aspettare che tramontasse il sole per ridere di paura e tenerci le mani. Oh, io non l’ho dimenticato e non potrò mai farlo, nemmeno ora che sono divenuta ingombrante e sottile, che mi sono rarefatta in una massa di carne adulta come succede a molte creature terrestri. Oh, io non l’ho dimenticato e per questo stanotte ho risalito la nostra collina, dove ci incontravamo prima delle cene estive, prima del profumo della citronella e l’odore del carbone nei barbecue sotto gli olivi. Il nostro rifugio ancora esiste, ci sono i cipressi, l’erba che punge e la piccola vasca di marmo tutta lucente di acque verdi e di cielo e di stelle. E quando mi sono specchiata e dietro le mie spalle c’erano buio e lingue di vento, ho visto d’un tratto un viso e una gran confusione, come molte persone che cantano per mano, senza sapere cosa, senza sapere perché. E ho avuto la certezza di essere malata di paura. Ma penso che sia perché mi manchi a morte.


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