L’anzianità è diventata definitivamente una merce: va totalmente pagata. Il nuovo piano pensionistico che nelle intenzioni del governo dovrebbe costituire uno dei terreni caccia di denari che non si vogliono cercare altrove, dà la misura di quanto ottusamente ideologica sia la strada intrapresa. Lontano dal welfare propriamente detto, cioè dal sostegno che la società sul suo complesso dà in considerazione della dignità dell’esistenza, non solo prescrive l’alzamento dell’età in cui andare in pensione basato su aumenti stimati della vita media ricavati con metodo lineare, dunque puramente ipotetici, ma passa definitivamente al sistema contributivo.
Sulla carta tutto sembrerebbe funzionare, si vive di più, si va in pensione più tardi e si percepisce in ragione di ciò che si è versato: biologia ed equità a braccetto. Purtroppo non è così. Eviterò di portare argomenti da bar sport di cui il ministro Fornero si e ci compiace tipo il riavvicinamento equitativo fra generazioni e tutte queste balle alla Berlusconi che fanno peraltro parte del canovaccio comico e tragico del liberismo. Le cose stanno diversamente e non si può non provare collera di fronte alla manomissione di uno dei pochissimi settori della vita italiana che è stabile e fino al 2050 non fa prevedere sostanziali cambiamenti dell’incidenza fra le pensioni e il Pil. ( Cnel, modello previsionale della spesa pensionistica in Italia – sintesi)
Non stanno così per tre motivi: il primo è che non c’è una relazione diretta tra aumento della vita media e aumento della capacità lavorativa nel tempo. Anzi quest’ultima si accresce solo di una frazione del totale. Naturalmente questo varia a seconda delle attività, ma è una costante. Quando in Germania si decise di aumentare l’età della pensione a 67 anni, la discussione si concentrò su una ricerca di Baltes e Smith del Max Plank Insitut di Berlino, seguita poi da altre, che metteva in luce l’aumento esponenziale con l’età di decadimento cognitivo e fisico tali da mostrare che la crescita delle aspettative di vita non corrisponde a una vita piena. In seguito a questo si decise di mantenere l’obiettivo dei 67 anni, ma permettendo di andare in pensione prima perdendo solo lo 0,3 della pensione per ogni anno di anticipo. Il 3% andando in pensione a 57 anni. Del resto in Germania si sapeva benissimo che l’età media di espulsione dalle aziende era ed è come del resto in Italia, di 56,5 anni. Con il sistema contributivo puro la punizione del piano Fornero sarà invece enormemente più marcata.
Ma non funziona anche per un altra ragione: più le persone sono costrette a rimanere sul lavoro, mentre diminuiscono le loro capacità, meno posti ci sono per quei giovani che in via ufficiale si vorrebbero aiutare. Anzi la necessità di rimanere più a lungo nel mondo del lavoro, rischierà nella realtà anomala italiana, di essere un’ottima scusa in mano alle aziende e allo Stato per aumentare e mantenere il precariato.
E questo ci porta direttamente al terzo motivo che rende il piano Fornero insieme controproducente e iniquo: il sistema puramente contributivo crea enormi differenze tra chi ha un lavoro più tutelato e un altro invece saltuario e poco pagato. E’ vero che ci accinge a rendere tutto precario alla ricerca dell’equità della miseria e della sottrazione di diritti. Ma certo continueranno ad esistere le differenze. Inoltre chi guadagna di meno, chi ha avuto dei problemi di salute che hanno spezzato la sua vita lavorativa e chi – vale a dire milioni – devono arrendersi a un lavoro in nero – avranno pensioni così basse che saranno costretti ad assicurazione integrative, magari permesse dal welfare familiare. E le assicurazioni, quasi tutte proprietà delle banche faranno salti di gioia. Di certo la Fornero ai vertici di Intesa San Paolo non avrà motivo di lagnanze da parte delle banche.
Così avremo tutti gli elementi della catastrofe: pensioni ridotte con un numero di anziani che tende a salire, salari e stipendi falcidiati dalle banche per le pensioni integrative e dunque non disponibili per la crescita, ma solo per la finanza. E insomma una vecchiaia che dovrà essere totalmente comprata, mercificata da chi vede come merce anche la dignità.