Vi condivido uno dei racconti più belli mai letti (o ascoltati) sulla vendemmia del Nebbiolo in Piemonte…
Anche quest’anno non potevo mancare all’appuntamento più importante per tutti coloro che amano il vino dalla A alla Z: la vendemmia. La raccolta dei grappoli è il momento più importante, perché tanto atteso, ma già penso al giorno in cui questi grappoli finiranno in un bel calice sotto forme di nettare: il mio vino, il nebbiolo, il nettare degli Dei che si presenta con il suo caratteristico colore rosso rubino, più o meno carico, ma sempre con i suoi riflessi granata, che giorno dopo giorno crescono con l’invecchiamento. Eccolo con il suo profumo delicato che mi riporta alla mente la viola e la confettura di frutti rossi.
Eccomi tra la terra argillosa, riconosco come ogni anno il colore dei filari, delle foglie ingiallite che cominciano a cadere appesantite dalla rugiada del primo mattino, quando la nebbiolina carica di odori della natura – che solo questi luoghi sanno donare – avvolge le colline intorno a La Darbia, antica fattoria del novarese oggi convertita ad albergo diffuso e a cantina del Nebbiolo. Eccoli davanti a me questi grappoli violacei, giunti fino ad oggi dopo una estate troppo calda, che li ha messi a dura prova dopo le abbondanti piogge di un settembre che ha provato a rovinare il raccolto.
Lo vedo con i miei occhi (a dir la verità assonnati ma pieni di entusiasmo e voglia di gustare i colori) che questo raccolto promette bene, in giro se ne parla tra i viticoltori, anche se la scaramanzia e la voglia di vendemmia rende ognuno avvolto nei propri pensieri. Del resto, questi vitigni hanno il ciclo vegetativo più lungo: sono sempre i primi a germogliare all’inizio della primavera, sono i primi a salutare il risveglio della natura, ma poi sono gli ultimi a portare a maturazione i grappoli verso la metà di ottobre, per poi lasciar cadere le foglie e salutare l’inverno a novembre.
Gli amici di ventura con cui divido questa esperienza sono sempre gli stessi da vari anni, c’è Matteo che si mangia il solito acino come “apertura “ della stagione, Giancarlo che porta da anni le stesse forbici e la stessa cassa rossa della prima raccolta, il Mario che invece bestemmia al suo cane di non fare troppa pipì su questo terreno benedetto. Eccoli i miei amici. Con i nostri giacconi di sempre iniziamo questo rito. In silenzio adagiamo ogni grappolo come fosse una reliquia, come fosse un bambinello a cui non fare del male, odorando gli acini che esploderanno presto in mosto e vino.
Ma una domanda la faccio al Valerio: hai portato una bottiglia dello scorso anno per rendere la giornata meno pesante? Via, si parte e una cassa dopo l’altra si riempie di colore viola, poi avanti con un altro contenitore, passando da un filare all’altro, spostando i miei piedi tra questa terra che il sole comincia a baciare e riscaldare. I filari si denudano, i grappoli riempiono le casse, la fatica e il primo sudore si fanno sentire, ma l’emozione è tanta. Verso le 10 un primo giro di salame e un bicchiere di vino che ha portato Angela. Un primo fringuello inizia a canticchiare, ma no è Giancarlo che fischietta dopo il quarto cesto pieno e coinvolge tutti con Ligabue. Ma sì questa è l’amicizia, questo è lo spirito che ci deve accompagnare in questi giorni di raccolta, la spensieratezza e la voglia di esserci, di poter raccontare alla sera la nostra stanchezza, le mani e i piedi gonfi, stanchi di stare tra le terre argillose di queste colline magiche, le emozioni di toccare quello che poi sarà il nostro vino, il nostro compagno di giornate e serate davanti al camino a gustare un po’ dei nostri formaggi.
Ecco il rumore del motore del trattore. Anche Lui inizia ad essere stanco, su e giù per tanti mesi e tante ore, ma anche Lui parte di questa avventura, sempre pronto a caricare casse di grappoli di Nebbiolo.
Ma, poi, per la testa mi passa la domanda del secolo: ma perché si chiama Nebbiolo? La esprimo ad alta voce ma in modo discreto per non turbare questi grappoli e i filari ancora da “mungere”, ed ecco una risposta del Mario: si dice dai tempi dei nostri bisnonni che un monaco, che coltivava un piccolo orto e una piccola vigna, un mattino li trovò naturalmente avvolti da una fitta nebbia, che solo La Darbia ci sa regalare in certe giornate d’autunno e d’inverno. Subito pensò che il Signore lo volesse premiare per la sua passione e devozione e per ringraziarlo iniziò a pregare. Quando poi arrivò il periodo della vendemmia, la nebbia si alzò come di incanto e scomparve tra i raggi del sole, lasciando sui grappoli maturi una sostanza cerosa, la pruina, che li faceva brillare come diamanti.
Forse è solo una storia da raccontare per far passare le ore più rapidamente, o forse è una storia vera, fatto sta che secondo me il nome nasce dalla tipica nebbiolina che ci accompagna in queste fredde mattine di vendemmia.
Non mi accorgo nemmeno che i filari sono quasi tutti spogli, siamo in sei a raccogliere grappoli e sono le 15,30. Anche quest’anno abbiamo fatto un buon lavoro. Come primo giorno sono soddisfatto di me e finisco questa giornata con gli occhi pieni di gioia e il cuore gonfio di emozioni, che il mio animo saprà portare per mesi. Ora i miei grappoli riposano e iniziano il ciclo che li porterà a rilasciare il buon vino.
Che poi ora che ci penso non vi ho ancora detto che il vitigno non è il mio, ma di Giancarlo e Matteo che lo hanno ereditato. Lo so, me ne faccio una ragione come ogni anno che passa, ma la verità è che queste colline sanno come rapire una persona, regalano doni ed emozioni che sento dentro me e che porto dentro giorno dopo giorno. O forse bicchiere dopo bicchiere. In alto i calici, nasce il Nebbiolo!