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La vera sfida della famiglia

Creato il 27 giugno 2014 da Giulianoguzzo @GiulianoGuzzo

Cei-Vescovi

E’ impresa assai difficile riassumere il contenuto dell’Instrumentum laboris, il documento di base per la discussione in vista del doppio Sinodo dei vescovi sulla famiglia voluto da Papa Francesco, il primo straordinario ad ottobre prossimo ed uno, ordinario, programmato nel 2015. Le 77 pagine del testo risultano infatti assai dense e spaziano su molteplici versanti, da quello delle coppie di fatto a quello della contraccezione, dalla pedofilia al cosiddetto femminicidio, e un’analisi dettagliata dello scritto richiederebbe molta più pazienza di quella che il lettore è solito concedere. Pertanto, al di là degli aspetti del documento che possono convincere – come per esempio la denuncia della gender theory – e di quelli che possono inquietare – come l’elenco delle varie richieste, quasi una “lista della spesa”, da parte di fedeli per quanto riguarda cambiamenti della dottrina –, c’è un aspetto che merita attenzione, vale a dire quella dell’orizzonte di riferimento, del modo con cui si guarda alla famiglia e ai suoi mutamenti. E’ cioè giusto – per dirla in soldoni – assecondare le istanze di quanti auspicano una sorta di aggiornamento morale, oppure la Chiesa deve evitare di concedere qualsivoglia forma di “apertura” in tal senso?

Sono queste, secondo l’opinione di tanti, le posizioni possibili ed alternative rispetto alle odierne problematiche della famiglia. Si tratta tuttavia, benché diffusa, di una pericolosa semplificazione che trascura non solo la possibilità ma l’opportunità di una terza via. Terza via che deve considerare anzitutto l’origine della frequente dissociazione fra la famiglia così come vissuta e percepita da molti ed il modello familiare naturale predicato dalla Chiesa e fondato sul diritto naturale. La mancata adesione a determinati insegnamenti morali rivela forse qualcosa circa la loro fondatezza? Non si direbbe. La difficoltà che un figlio eventualmente sperimenta nell’accogliere gli insegnamenti dei genitori nulla dice circa la falsità degli stessi. E se un figlio adotta condotte diverse oppure opposte a quello che ha appreso in famiglia, i genitori – prima che rivedere gli insegnamenti trasmessi – dovranno ripensare alle modalità con le quali sono stati illustrati. Allo stesso modo, la citata divergenza fra quel che la Chiesa insegna e molti cristiani vivono non deve essere affatto letta come fallimento di principi che, essendo veri, sono eterni, bensì come una carenza comunicativa da parte di tanti pastori, ma non solo.

Difatti, se da un lato è vero – come lo stesso Papa Francesco ha più volte ricordato – che la Chiesa è molto di più (e ben altro!) di un’agenzia morale, d’altro lato è innegabile come l’incapacità da parte di tanti fedeli di aderire alla morale cristiana discenda dalla mancata consapevolezza, da parte di questi, circa il fondamento degli insegnamenti loro proposti. E di questa mancata consapevolezza, chi possono essere responsabili se non coloro che, a vario titolo, hanno difettato di fede e cultura, rendendosi incapaci di testimoniare e spiegare la verità? O forse il dissenso alla morale scaturisce sempre da una corretta comprensione della stessa? C’è da dubitarne seriamente. Per questo, anche se la metamorfosi contemporanea della famiglia è l’esito di un complesso intreccio di fattori culturali e valoriali stratificatisi nei decenni e non reversibile nell’immediato, la Chiesa dovrebbe – superando lo stereotipato dualismo fra “aperture” e “chiusure” – porsi in un’ottica di paziente ripensamento non già di quanto dice bensì di come lo dice, dove il come, prima che modularità lessicali o espressive, designa chiarezza contenutistica in aggiunta alla sempre essenziale trasparenza di testimonianza. Perché nessuno, alla fine, crede alle parole di chi è poco credibile.

«Io crederei all’esistenza del Salvatore se voi aveste una faccia da salvati», ha detto una volta Friedrich Nietzsche (1844-1900). Ed è vero. Ed è da qui che, prima di tutto – e prima ancora che dalla fondamentale dimensione di una morale non solo proposta e non imposta, ma anche illustrata in tutti suoi benefici profili – occorre ripartire. Perché per i cristiani è oggettivamente impossibile testimoniare una certa idea della famiglia, tanto più se osteggiata, in assenza di una parallela testimonianza della fede in Gesù Cristo. Solo così, solo vivendo Verità e Carità è possibile offrire le risposte che il mondo vuole. Un mondo che, anche se può apparire altrimenti, in realtà non chiede alla Chiesa di assomigliargli di più bensì di tornare ad essere se stessa, così da poter essere seguita con chiarezza e senza tentennamenti. Se invece accadrà il contrario, se i cristiani, sedotti da un’effimera ottica di consenso, si riducessero a negoziare quanto per millenni hanno testimoniato, non solo non si risolverebbe alcunché ma l’allontanamento dalla Chiesa crescerebbe, come dimostra fra l’altro l’esperienza, in ambito europeo, di chiese dove le “aperture” che taluni vorrebbero si sono già verificate. Peccato che non abbiano favorito il ritorno dei fedeli, ma solo la fuga dei pochi rimasti.



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