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La vera storia di bunny cioccolato piotr poroshenko

Creato il 26 maggio 2014 da Conflittiestrategie

Chi è Piotr Poroshenko, il nuovo Presidente dell’Ucraina? Iniziamo col dire che non è affatto un volto nuovo della politica di Kiev. Certo, è sempre stato un uomo ambizioso e spregiudicato, un marpione con le mani lunghe ed il cervello attivo. E’ un altro oligarca dal passato poco raccomandabile che ha accumulato ricchezze e patrimoni, come tanti altri da quelle parti, approfittando della dissoluzione dell’URSS e della dismissione del patrimonio dello Stato, nell’epoca delle privatizzazioni a tutto spiano. Nato a Bograd, nella regione di Odessa, si è messo sin da giovanissimo nei guai per via del suo carattere irascibile e impulsivo. Figlio dell’amministratore della Ukrprominvest, in gioventù è finito in gattabuia per sottrazione di beni di proprietà del governo. Ha iniziato molto presto a delinquere per specializzarsi nel ramo. Ci è riuscito benissimo diventando un furfante serio, di quelli che non si fanno beccare tanto facilmente. Laureato alla facoltà di Relazioni Internazionali e Diritto Internazionale dell’Università di Kiev, fu abilissimo a capire l’aria di smobilitazione generale e ad appropriarsi, ricorrendo ai giusti appoggi, della Fabbrica Karl Marx che produceva dolciumi. Successivamente, ha messo in mostra tutto il suo talento “prenditoriale” aprendo filiali in altre città del Paese ed anche fuori dai confini patri, da Vinnitsa, nell’ovest Ucraina, è arrivato a Lipetsk, in Russia, a Klaipeda, in Lituania, e nella capitale ungherese Budapest. Da qui il suo soprannome Bunny Cioccolato Re del cacao. Il suo marchio di fabbrica, Roshen, non è altro che la parte centrale del suo cognome. E’ stata la moglie Marina ad avere la brillante idea. Due geni in famiglia sono una vera fortuna. La sua compagnia è collocata al 18simo posto nell’elenco delle aziende mondiali del settore. Lo scorso autunno quando Putin cercò di stringere sui tempi con i vicini per la creazione dell’Unione doganale Poroshenko decise di mettersi di traverso. Si era montato la testa dopo aver montato montagne di panna. Lo “Zar” andò su tutte le furie e vietò l’importazione dei suoi prodotti in Russia ricorrendo ai motivi sanitari. Il suo stabilimento di Lipetsk fu chiuso e i rapporti tra i due mai più riaperti. Così come i suoi conti che vennero sequestrati, 53 milioni di cioccolatini, che non sono caramelle, squagliati sotto il sole di Mosca. Tuttavia, il capitale di Poroshenko non ne ha risentito, ammonta a circa 1,3 mld di euro che non sono confetti alla portata di tutti. Poroshenko come tutti gli oligarchi che non si rispettino ha le mani in pasta ovunque: auto, media, energia ecc. ecc. Meglio differenziare gli investimenti per essere sicuri di non perdere tutto, il che non sarebbe difficile in un Paese così economicamente e politicamente instabile come l’Ucraina. Poroshenko non si sente un ladro, dice di aver guadagnato tutto col sudore della sua fronte e qualche ettolitro di sangue succhiato al popolo, ma sono dettagli irrilevanti. La reputazione si lava coi soldi o si copre col saccarosio. Non si sente nemmeno un oligarca perchè, sempre a suo parere, è totalmente disinteressato ai denari e lo dimostrerà cedendo tutti i suoi beni per fare il Presidente. Avanti i prestanome. Strano che finora, nonostante le cariche politiche ricoperte, non abbia ceduto nemmeno la portineria di una piccola proprietà. Il nuovo Yeltsin, come ormai lo chiamano in Russia, nel 1998 era già deputato sotto la protezione di Kuchma, nel 2000 si fece un proprio movimento, per tenere alta la sua modestia, e nel 2001 partecipò alla fondazione del partito delle regioni. Ci mise altrettanto poco a tradire tutti e pure il suo movimento per avvicinarsi a Yushchenko (ha fatto da padrino ai suoi figli), l’ex Presidente arancione, con il quale rincominciarono spassionatamente la grande spremitura degli ucraini, dopo quella dei favolosi anni ’90. Nel 2002 lo ritroviamo presidente della commissione bilancio a distribuire dividendi ai suoi fedelissimi, a tramare complotti e a farsi gli affari suoi e quelli delle sue ditte da un incarico istituzionale spesato dai contribuenti. Nel 2005, per meriti pseudorivoluzionari colorati, viene nominato Segretario del Consiglio di Sicurezza e Difesa Nazionale. Ma la sua indole traffichina lo mette di nuovo nei pasticci: è accusato di corruzione in appalti di opere pubbliche. Si dimette per evitare il peggio ma non molla l’osso. Dopo un anno torna nel Palazzo e diviene prima direttore del comitato finanziario e bancario e poi presidente della Banca Nazionale. Più nuovo di così …e non abbiamo ancora finito. Nel 2009 è ministro degli Affari Esteri e dopo qualche mese, forse per restare più vicino ai suoi interessi privati, si fa spostare al Ministero dello Sviluppo Economico e del Commercio. Qui inizia a frequentare gli ambienti europei e ad immaginare nuovi mercati per i suoi bonbon. Allora lavora per la “ convergenza dell’Ucraina con l’UE”. Yanukovic capisce che qualcosa non va e manda la polizia nel suo stabilimento di Vinnitsa. Cioccolatino scartato mezzo mangiato.
Alla fine del 2013 la sua posizione è indebolita e la sua carriera rischia di finire malissimo ma “magicamente” arriva Euromajdan a togliergli le castagne dal fuoco. Naturalmente il furbastro finanziava la cosa da tempo ed ha il tempo di uscire allo scoperto per prendersene i meriti ed accreditarsi alla foll(i)a. Le sue televisioni gli danno una mano con una propaganda martellante. Se gli ucraini sembrano lobotomizzati il “merito” è anche di Bunny e dei suoi programmi che incitano all’odio etnico e alla liberazione della nazione con la violenza. La protesta contro l’oligarchia dominante è completamente eterodiretta da un lupo dell’oligarchia che però ha saputo travestirsi da agnellino democratico. Ovviamente, Poroshenko non sarebbe andato lontano senza l’endorsement americano e i consigli della Cia. Non ha disdegnato di allungare dollari anche alle squadracce più facinorose. Adesso ha promesso di riportare la Crimea a casa e di reprimere le rivolte nel Sud-Est in poche ore. Si sente finalmente arrivato ma non si è reso conto, che strada facendo, la fatina del cioccolato lo ha trasformato in un burattino di zucchero friabile. Al primo passo falso verrà mangiato, da un’aquila imperiale o da un orso polare. In ogni caso non resisterà molto col caos che ha contribuito a generare in tutto il Paese. Dolcetto e brutto scherzetto. Bunny rischia di fare la fine del porcoshenko, c’è chi gli dà appena tre mesi di vita prima di diventare sanguinaccio.


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