Magazine Calcio

La vergogna di Campo Testaccio, dalla gloria all'abbandono

Creato il 30 novembre 2014 da Stefano Pagnozzi @StefPag82
La vergogna di Campo Testaccio, dalla gloria all'abbandono
Roma, Rione Testaccio. Qui, fra il Monte dei Cocci e la Piramide Cestia, si ergeva il leggendario Campo Testaccio: il simbolo del mito romanista, lo stadio in cui fra il 1929 e il 1940 la squadra giallorossa concesse solo 26 sconfitte su 161 partite. Quella squadra, la Roma del 5-0 sulla Juventus che divenne un film, è rimasta cristallizzata nel tempo come emblema del carattere che ogni tifoso chiede ai propri giocatori di mettere in campo. Quella “Roma testaccina” che sin troppe volte i romanisti sono stati costretti ad evocare nel corso della loro storia. Campo Testaccio è stato il teatro dell’epica giallorossa, di quella preistoria con la quale tutti i romanisti, prima o poi, si devono confrontare.
Di quel tempio del calcio oggi resta solo una grande, orrenda buca, un vuoto che copre quasi interamente il terreno dove sorgeva lo stadio. Sommerso dalle sterpaglie e dai calcinacci, questo rettangolo di città, un tempo calcato dalle prime leggende giallorosse, aspetta in silenzio che arrivi il momento del proprio riscatto.
Lo stadio fu inaugurato il 3 novembre del 1929. Costruito su modello degli stadi inglesi, ospitava fino a 20.000 persone sulle quattro tribune in legno dipinte di giallo e di rosso, che i tifosi facevano tremare battendo i piedi nei momenti di maggiore enfasi. Come è noto, chi non trovava posto sugli affollatissimi spalti, o chi non poteva pagare il biglietto, si arrampicava sul Monte dei Cocci o sulle Mura Aureliane: erano i cosiddetti portoghesi, che tifavano dall’alto vedendo solo mezzo campo e una porta.
I calciatori che calpestarono quella terra fanno parte del mito romanista: Fulvio Bernardini, Attilio Ferraris IV, Guido Masetti, Rodolfo Volk, Amedeo Amadei. I loro nomi risuonano ogni domenica nella Curva Sud dello Stadio Olimpico, nella canzone di Campo Testaccio, l’inno che narra le gesta di quella squadra.
L’atmosfera delle partite giocate lì è stata ricordata da molti come una festa popolare, alla quale prendevano parte tutte le fasce della popolazione: un’esplosione di tifo che intimidiva qualsiasi avversario.
Purtroppo, la festa durò poco più che dieci anni, fino al 1940. Da tempo le tribune di legno oscillavano e davano segni di cedimento, e ad ogni intervento di ristrutturazione diminuivano i posti disponibili. Lo stadio era ormai inadatto a contenere i numeri e l’esuberanza della tifoseria romanista, che da lì a due anni avrebbe festeggiato il primo scudetto della propria storia. La Roma lasciò così il quartiere operaio di Testaccio, per non farvi più ritorno.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il terreno dello stadio ormai demolito divenne un orto urbano e gli spogliatoi vennero spesso usati come bunker per i bombardamenti. Finita la guerra, il terreno passò decenni interminabili di incuria ed abbandono fino a quando nel 2000, alla presenza del Sindaco Rutelli e del Presidente dell’AS Roma Franco Sensi (figlio del progettista dello stadio), fu inaugurato a spese del Comune un campo per l’AS Testaccio e per alcuni settori giovanili della Roma. 
Ma il periodo di utilizzo del terreno secondo la sua vocazione storica si interruppe bruscamente nel 2007, quando il Consorzio Romano Parcheggi presentò al Comune il progetto per realizzare un parcheggio interrato (PUP) con sopra un campo da calcio e due campi più piccoli. Nel 2009, ottenuto il diritto di superficie per 90 anni, le ruspe della società di costruzioni demolirono il centro sportivo ed iniziarono a scavare, per poi fermarsi: dopo una lunga attesa cominciarono i problemi, affrontati con un tira e molla di responsabilità fra Comune di Roma e concessionario. Fra le varie responsabilità imputate alla società di costruzione, quella di non aver rispettato i dettami della Soprintendenza nella gestione del materiale archeologico rinvenuto negli scavi. Al contrario, il costruttore si è lamentato per l’eccesso di burocrazia e la perdita di tempo del Comune, che tarda a far arrivare i vari nulla osta necessari per l’inizio dei lavori. 
Nel novembre 2012, dopo tre avvisi di minaccia, il Comune di Roma ha revocato la concessione del terreno e intimato al costruttore di coprire la buca scavata. Il terreno di Campo Testaccio è tornato dunque all’abbandono, in attesa della sentenza del TAR, che nel giugno 2013 ha respinto il ricorso dell’azienda e dato ragione al Comune. 
Ma dall’azienda hanno fatto sapere: “Impugneremo senza dubbio la sentenza e torneremo a chiedere 9 milioni di euro di danni al Campidoglio”, costringendo pertanto il Comune e tutta la cittadinanza interessata ad attendere la sentenza del Consiglio di Stato, ultimo grado del diritto amministrativo. Una sentenza che tuttora si sta aspettando.
Nel frattempo, i tifosi romanisti e gli abitanti di Testaccio non sono stati a guardare. L’azione più eclatante è stata senza dubbio quella organizzata spontaneamente il 17 novembre 2013 dalla Curva Sud: di prima mattina decine di persone ripulirono il terreno dello storico stadio da calcinacci, immondizia e sterpaglia. Fra le tante mani al lavoro, anche quelle del grande Giorgio Rossi: lo storico massaggiatore della Roma, ormai in pensione dopo 55 anni al servizio dei colori giallorossi, a spalare insieme ai ragazzi, dall’alto dei suoi 83 anni di romanismo. E’ senza dubbio l’immagine più bella di quella giornata, ricordata anche da uno striscione apparso in Curva Sud: “Riappropriamoci di ciò che è nostro. Campo Testaccio c’hai tanta gloria”.
L’azione della Sud destò un gran clamore, tanto da far esporre molte personalità interessate nei giorni immediatamente successivi: l’assessore allo sport Pancalli, ma soprattutto il direttore generale della RomaBaldissoni, secondo il quale Campo Testaccio dovrà essere “il coronamento del progetto di portare la Roma nella città attraverso il suo settore giovanile”. Sempre qualche giorno dopo, alcuni consiglieri municipali dichiararono che l’obiettivo è quello di includere al centro sportivo che si prevede un museo dell’AS Roma.
Walter Campanile, presidente di MyROMA, il supporters trust dell’AS Roma, ha commentato così la vicenda di Campo Testaccio:
“Per anni la AS Roma non ha mai saputo valorizzare la propria storia ed il popolo romanista non ha mai avuto la forza e la volontà di difenderla. Campo Testaccio è il risultato di tutto questo. Abbiamo abbandonato un luogo sacro e lasciato che diventasse oggetto di interesse quando avremmo dovuto far crescere le nuove generazioni di romanisti con lo spirito che si viveva tra quegli spalti. Oggi ognuno dà la colpa a qualcun altro e tutti aspettano che altri risolvano i problemi. Purtroppo non credo che questo luogo possa interessare alla AS Roma visto le logiche di business intraprese dal club, ma mi auguro che possa essere riportato in vita e magari, almeno in questo caso, consultando i tifosi per potergli davvero dare un senso. I nostri nonni e padri non hanno compreso l'importanza di difendere e custodire Campo Testaccio e purtroppo ora sta avvenendo la stessa cosa con l'introduzione di uno stemma che non ci appartiene. Valorizzare il passato e tramandare di padre in figlio ciò che la AS Roma è ed è stata è un dovere. Solo su questi presupposti si può pensare di crescere una nuova generazione di fedeli appassionati a prescindere dai risultati e dai calciatori. MyROMA e tutti i Soci che rappresento si augurano che Campo Testaccio possa rivedere la luce nel più breve tempo possibile e mettiamo a disposizione il nostro supporters trust per accelerare questo processo.”
Il 3 novembre 2014 sono stati invece i cittadini di Testaccio del circolo di Sinistra Ecologia e Libertà a prendere parola, nell’85° anniversario della prima partita giocata a Campo Testaccio. "Campo Testaccio bene comune", "161 incontri: 103 vittorie, 32 pareggi, 26 sconfitte. La storia non si dimentica", "Rivogliamo la scuola calcio per i bambini del Rione!" alcuni degli slogan che sono comparsi nella giornata. 
Abbiamo a proposito intervistato Graziella Manca, consigliera del I Municipio di SeL, che ha partecipato all’organizzazione dell’iniziativa:
“Difficilmente il Consiglio di Stato ribalterà il parere del TAR, ma le tempistiche non le sappiamo. Tuttavia, anche se verrà confermata la sentenza, la partita sarà ancora tutta da giocare: per questo il Consiglio del Municipio con una mozione ha richiesto un tavolo al Comune, affinché si tenti di sbloccare la situazione magari arrivando ad un accordo tra pubblico e privato per restituire dignità al Campo. Campo Testaccio non ha solo un enorme valore storico per il tifo romanista: è anche l’unico campo di calcio di proprietà comunale nel I Municipio, il cui affidamento, per di più, spetta al Municipio stesso. Inoltre, la zona abbandonata crea problemi di degrado e salute al vicinato, soprattutto all’asilo nido, alla scuola e alla biblioteca adiacenti: più volte siamo intervenuti con disinfestazioni e si sono verificati dei furti. Escluderei il progetto del parcheggio perché obiettivamente non serve, visto che a breve termineranno i lavori di un altro PUP a breve distanza. A noi piacerebbe sfruttare la buca creata dall’azienda non tanto per un Museo della Roma, che probabilmente si farà nel nuovo stadio, ma per un Museo del Tifo Romanista. E in più bisogna riportarci ad ogni costo le scuole calcio del Rione, che sono ancora costrette ad allenarsi e giocare in giro per la città. Vorremmo il ripristino del campo da calcio, dei campi di calciotto e calcetto, e magari anche la costruzione del polo sportivo promesso dall’attuale Sindaco Marino in campagna elettorale: il tutto con molta urgenza, visto che per la realizzazione dell’opera era previsto un massimo di 18 mesi, mentre sono passati 4 anni.”
Intrappolato da una vicenda che è un emblema dell’Italia di oggi, fra questioni poco trasparenti, interessi privati, giustizia lenta e burocrazia asfissiante delle istituzioni, il terreno dello stadio giace ancora abbandonato a sé stesso. Ma Campo Testaccio vive ancora: non solo nel ricordo di chi lo ha vissuto e di chi ne ha sentito le storie, ma anche nella volontà di tutti i romanisti, i testaccini, i romani e gli sportivi che sanno che quel terreno ha una sola vocazione, dettata dalla sua storia: quella di essere un campo da calcio. Il ruolo dell’AS Roma in tutto ciò deve essere centrale: di fronte a privati che mirano solo al proprio profitto e di fronte all’apatia del Comune, la società giallorossa risulta essere l’unica entità dotata della forza necessaria per restituire Campo Testaccio alla città.
Articolo tratto da Wanderers - El fútbol del pueblo via myroma.it

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :