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La verità sull’hipster, ieri e oggi

Da Lidiazitara @LidiaZitara

Sono francamente sorpresa da quanto e da come il termine hipster venga usato con facilità e a sproposito anche da persone di una certa cultura. La sorpresa (e il diasappunto) è duplice. Per prima cosa citare termini che definiscono le mode, e pertanto, di moda, non fa altro che alimentare quella moda, accentuando i gusti, e soprattutto i disgusti.
Gli hipster fanno tendenza? Anche parlarne male fa tendenza, e dunque che se ne parli, bene o male, purché se ne parli.
Così chi sostiente che gli hipster hanno rotto le scatole dovrebbe essere il primo a togliere hipster dal suo vocabolario.
E questo vale per qualsiasi cosa.
In seconda battuta parlare di hipster in Italia sarebbe come dire che la Pianura Padana è una prateria, e che i bovari della Maremma fanno i duelli alla pistola, col poncho, ogni mezzogiorno.

Veramente, noi, l’hispster, non sappiamo neanche cosa sia. Non è mai esistito qui in Italia, così perfettamente delineato come negli States.
Leggere sui social che questo o quel gruppo musicale/programma tv/regime alimentare ecc. è seguito solo dagli hipster è una vera e propria sciocchezza. Se mai si potrebbe parlare di neo-hipster, proprio se volessimo catalogare ogni minimo fenomeno modaiolo che ci passa davanti.

L’hipster fu descritto da Norman Mailer, più di ogni altro. Questi hipster italiani, con l’hipster americano, cui teoricamente si ispirano, non hanno niente a che vedere.
Senza allungarvi troppo il brodo, l’hipster di Mailer, l’hipster americano, insomma, è un tale che rifiuta la società, non ci vuole vivere, è un nomade, vuole passare inosservato, vorrebbe essere trasparente, non ha con sè che poche cose di cui peraltro potrebbe fare a meno, una persona per cui la sicurezza equivale alla noia, che rifiuta la necessità del danaro e che preferisce barattare ma mai lavorare, se non è costretto, non particolarmente acculturato, l’hipster odia, può essere violento, un delinquentello, ma è anche un sognatore, una persona che vive una spiritualità panteista e trae forza vitale dalla sessualità. L’hipster è gregario, ama la compagnia, veste con una punta di sofisticazione, non come i beat che sono sciatti. L’hipster uccide, il beatnick si suicida. L’hipster non si droga, cerca l’Essere metafisico, vive nel presente, è qualunquista o destrorso, potrebbe essere omosessuale, è un nichilista.

“L’esistenzialista americano” scrisse Mailer (N. Mailer Pubblicità per me stesso, Baldini e Castoldi Dalai Editore 2009, pag. 359). Non è un artista, ma occasionalmente può saper suonare qualche brano jazz. Non si pone alle avanguardie, riscopre il suo lato psicopatico (in Mailer esistente soprattutto nella parte afroamericana della popolazione) e lo IT (il concetto di Dio come forza universale nascosta nel sesso). Il codice degli hipster è “negro”, ecco perchè Mailer lo definisce “il negro bianco”.
Lo hipster fa ciò che pensa di poter fare in quel momento per sé. Gli altri non contano granché.
Nessuna battaglia, nessuna ideologia che impegni la vita.

Da noi coloro che hanno “divorziato dalla società”, sono i barboni, ma quali ragazzi che vanno ai concerti e comprano occhiali di lusso! In Italia non esistono questi hipster, sono stati inventati a tavolino dal sistema delle mode suntuarie e sociali.

Per definizione l’hipster non genera moda, anzi, la sfugge, e lo stile hipster che sta dilagando è solo una falsa promessa di alterità, di “arisurta’ in ‘na certa maniera”.


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