È peggio lasciare che essere lasciati: è vero, anche se chi lascia, in genere, ha già un posto al calduccio in cui rifugiarsi. Chi è piantato cade in una disperazione, anche se - mentre viene mollato - SA sempre il perché (in cuor nostro, lo sappiamo, sempre...).
Anche nelle amicizie virtuali è così. È peggio dover urlare il proprio dolore che soffrire in silenzio. È peggio dover "elemosinare" una spiegazione a una cattiveria subita, che piangere in solitudine, nel proprio cantuccio. Perché avrai il mondo dei benpensanti contro. Avrai il dito puntato di tutti quelli che ti dicono che "così non si fa", che sei stata sopra-le-righe, che "sei sola è perché c'è una ragione, anzi mille".
È vero che sarebbe meglio incassare in silenzio, anzi, darsi alla pazza gioia, farsi un amante, reicontrare una vecchia fiamma, intrecciare nuove liaison, stando zitte. Senza essere costretti ad urlare la propria rabbia, quella che ci fa additare come "pazze isteriche" deformate come nello stracitato Urlo di Munch.
Sarebbe meglio ammettere, amaramente la propria sconfitta, senza ferire nessuno.
Ma, a volte, quando si sta davvero male, quando arrivi ad attraversare una strada sperando che l'AUTO ti metta sotto, si è costretti a sanguinare. E, purtroppo, anche a ferire chi non avremmo mai voluto offendere, anche se ci ha piazzato il suo stiletto nella carne viva, con un'eleganza e un savoir faire eccezionali. Soprattutto, se ti dice: "Mi dispiace. Ma non avevo capito niente".
Ecco, appunto, forse era l'ora che ti facessi capire, un nanometro del mio dolore... giusto per farti capire che esistevo, non ero una scrittrice di feulleton, un romanzo a puntate per palati fini. Ero solo una ragazza, ero solo una infatuata di te, e nient'altro. Era proprio il NON CAPIRE che mi ha ucciso dentro in questi dodici mesi!
Scusa, non avrei mai voluto farti soffrire. Ma ora sto un po' meglio. E non sentirai mai più il mio nome, promesso. Sorry, mon ami.
M.C.