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La vetrina degli Incipit - Gennaio 2012

Creato il 01 febbraio 2012 da La Stamberga Dei Lettori
L'incipit in un libro è tutto. In pochi capoversi l'autore cattura l'attenzione del lettore e lo risucchia nel vortice della storia. Oppure con poche banali parole lo perde per sempre...Quanti libri, magari meritevoli, giacciono abbandonati dopo poche righe sui comodini di ogni lettore? E quanti altri invece sono stati divorati in poche ore perchè già dalle prime righe non siamo più riusciti a staccare gli occhi dalle pagine?
Anche questo mese vogliamo condividere con voi gli incipit dei libri che stiamo leggendo, perchè alcuni di voi possano trarre ispirazione per le loro future letture e perchè altri possano di nuovo perdersi nel ricordo di personaggi e atmosfere che già una volta li avevano rapiti...


Lo staff della Stamberga
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La vetrina degli Incipit - Gennaio 2012 La vetrina degli Incipit - Gennaio 2012 La vetrina degli Incipit - Gennaio 2012 La vetrina degli Incipit - Gennaio 2012 La vetrina degli Incipit - Gennaio 2012 La vetrina degli Incipit - Gennaio 2012 La vetrina degli Incipit - Gennaio 2012 La vetrina degli Incipit - Gennaio 2012 La vetrina degli Incipit - Gennaio 2012 La vetrina degli Incipit - Gennaio 2012La vetrina degli Incipit - Gennaio 2012

«Ecco dove accadde. Lei è stata qui. questi leoni di pietra, senza testa ora, l'hanno fissata. Questa fortezza, una volta inespugnabile, cumulo di pietre ora, fu l'ultima cosa che vide. un nemico da tempo dimenticato e poi secoli, sole, pioggia e vento l'hanno spianata. Immutato il cielo un blocco d'azzurro, intenso, alto, distante. vicine, oggi come ieri, le mura ciclopiche che orientano il cammino: verso la porta da cui non fiotta più sangue. nelle tenebre. Nel macello. E sola.»
Cassandra, di Christa Wolf - Polyfilo
«La donna sedeva su una poltrona dai braccioli squisitamente intagliati da uno degli artisti più rinomati della Galassia. Da anni l'artigiano lavorava quasi esclusivamente pezzi unici appositamente commissionati per il suo piacere personale. Tutti servivano il suo piacere. Tutti. Altrimenti non avrebbero più servito nessun altro.»
Un antico peccato, di Giulia Marengo - Valetta
«Quando Mary Lennox fu mandata a vivere con lo zio nella residenza di Misselthwaite, tutti dissero che era la bambina dall'aspetto più sgradevole che avessero mai visto. In effetti era vero. Aveva un viso sottile e un corpicino esile, capelli chiari e fini ed un'espressione scontrosa. I suoi capelli e la sua faccia erano gialli, forse perché era nata in India e, per una ragione o per un'altra, era sempre stata malata.»
Il giardino segreto, di Frances Hodgson Burnett - Sakura
«Alla radio ripetevano instancabilmente le canzoni di un tempo. Boleri e ballate che avevano fatto sospirare tutta una generazione, rabbrividire padri e madri, giovani, allora. Molti avrebbero rifiutato di mettersi per strada in una notte come quella. Faceva freddo e non c’era tempo per dormire, il carico era urgente. Molti si tiravano in dietro davanti al lavoro duro. Doveva far controllare il riscaldamento, non funzionava bene. Cambiò stazione. Un fascio di luce lo abbagliò. Le auto che si avventuravano in una notte come quella avanzavano timorose, tardavano ad abbassare i fari, andavano piano. Sentì il segnale orario, le cinque del mattino. C’era un programma di jazz, gli strumenti sembravano andare ciascuno per conto suo, ma l’insieme suonava compatto e vivace. Il ritmo della musica si fece più lento. Sentì la voce di una donna che cantava in inglese, trascinando le sillabe come se trascinasse se stessa.»
Vita sentimentale di un camionista, di Alicia Gimenéz Bartlett - Vittoria A.
«Quando si ritrovò sul marciapiede, c'era una pioggia leggera, insistente, simile ad acqua in polvere, e così sottile da cadere a malapena, tanto era difficile capire se scendeva dal cielo o saliva da terra; una pioggia impalpabile, simile a molecole d'aria liquefatte, avvolgeva il boulevard in un'ovatta nebbiosa che le luci dei lampioni a gas attraversavano a stento. Mauri de Noirof vagava senza meta, un po' stordito; girò sui tacchi e riprese la sua andatura sbilenca, con un confuso ricordo della cosa che aveva fatto per la prima volta.»
Il tutù, di Principessa Saffo - Lorenzo Pompeo 
«L’uomo che è appena entrato nel negozio per noleggiare una videocassetta ha nella sua carta d’identità un nome tutt’altro che comune, di un sapore classico che il tempo ha reso stantio, niente di meno che Tertuliano Máximo Afonso. Il Máximo e l’Afonso, di applicazione più corrente, riesce ancora ad ammetterli, a seconda, però, della disposizione di spirito in cui si trovi, ma il Tertuliano gli pesa come un macigno fin dal primo giorno in cui ha capito che l’infausto nome si prestava a essere pronunciato con un’ironia che poteva essere offensiva. È professore di Storia in una scuola media, e la videocassetta gli era stata suggerita da un collega di lavoro che tuttavia non si era dimenticato di preavvisare, Non che si tratti di un capolavoro del cinema, ma potrà intrattenerla per un’ora e mezza. In verità Tertuliano Máximo Afonso ha un gran bisogno di stimoli che lo distraggano, vive da solo e si annoia, o, per dirla con la precisione clinica che l’attualità richiede, si è arreso alla temporale debolezza dell’animo comunemente nota come depressione»
L'uomo duplicato, di José Saramago - Stefano di Stasio 
«Mi chiamo Davide, ho nove anni e per un po’ di giorni sono morto. Tutti dicono che è stato Padre Pio a guarirmi, ma io lo so che è stato il dottore antipatico. Al mio paese la nonna ha chiesto al sindaco di mettere una statua di Padre Pio dietro il bar, vicino al campo sportivo; così ora la stanno costruendo e a marzo ci sarà la festa con la messa del parroco e io sarò l’ospite d’onore. A me piace questo frate, dalle foto mi sembra un uomo buono, però lo so che non è stato lui che ha fatto il miracolo. Il miracolo l’ha fatto il dottore antipatico e quelli che lavorano con lui. Prima dell’incidente facevo la terza e andavo a calcio due volte a settimana. Vivevo con mamma e papà nella casa vicina a quella dei nonni e la nonna mi portava e mi veniva a prendere a scuola tutti i giorni. »
Mani calde, di Giovanna Zucca - Pythia 
«PARTE PRIMASoldato Mandella1
— Questa sera vi mostreremo otto sistemi per uccidere un uomo senza far rumore. — Il tizio che aveva parlato era un sergente che dimostrava al massimo cinque anni più di me. Quindi, se aveva ucciso un uomo in combattimento, senza far rumore o meno, doveva averlo ucciso quand'era ancora in fasce.Io conoscevo già ottanta sistemi per ammazzare la gente, ma in genere erano assai rumorosi. Mi sistemai ben diritto sulla sedia, assunsi un'espressione di educata attenzione e mi addormentai a occhi aperti. Quasi tutti gli altri fecero altrettanto. Avevamo imparato che non c'era mai niente di importante nelle lezioni serali.Il suono del proiettore mi svegliò e rimasi desto mentre un breve nastro esemplificava gli "otto sistemi senza far rumore". Alcuni degli attori dovevano essere stati sottoposti al lavaggio del cervello, perché ci lasciavano la pelle per davvero.Quando il nastro finì, alzò la mano una ragazza che stava in prima fila. Il sergente le rivolse un cenno con la testa, lei si alzò e si mise in posizione di "riposo". Non era niente male, ma un po' abbondante intorno al collo e alle spalle. Si diventa tutti così, quando si porta in giro, per un paio di mesi, uno zaino pesante.— Signore — (dovevamo chiamare "signore" i sergenti, fino alla fine dell'addestramento) — quasi tutti quei sistemi, per la verità, mi sembrano... un po' scemi.— Per esempio?— Per esempio, uccidere un uomo colpendolo alle reni con un attrezzo per scavare trincee. Voglio dire, quando mai, in realtà, si ha solo un attrezzo per scavare trincee, e neanche una pistola o un coltello? E perché non dargli semplicemente una botta in testa?— Potrebbe avere l'elmo, in testa — disse il sergente, in tono ragionevole.— E poi, probabilmente i taurani non li hanno neanche, i reni!Il sergente scrollò le spalle. — Probabilmente non li hanno. — Era l'anno 1997 e nessuno aveva mai visto un taurano; non si erano mai trovati pezzi di taurano più grossi di un cromosoma bruciacchiato. — Ma la loro chimica organica è simile alla nostra, e dobbiamo presumere che siano creature altrettanto complesse. Devono avere delle debolezze, dei punti vulnerabili. Spetta a voi scoprire quali sono. »
La guerra eterna, di Joe Haldeman - Daniele
«Alcuni anni fa, nella città di York, esisteva un'Accademia di maghi, i quali si incontravano il terzo mercoledì di ogni mese per leggere lunghi e noiosi documenti sulla storia della magia inglese.Erano maghi gentiluomini, vale a dire che non avevano mai usato la magia per farsi del male a vicenda, e nemmeno del bene. In realtà, per essere onesti, nessuno di quei maghi aveva mai imprigionato nessuno, nemmeno nel più piccolo incantesimo, né aveva fatto mai tremolare una sola foglia su un ramo o alterato il corso di un granello di polvere in un raggio di sole o cambiato un solo capello sulla testa di qualcuno; a parte quest'unica secondaria riserva, godevano della reputazione dei più saggi e più magici gentiluomini di tutto lo Yorkshire. »
Jonathan Strange e il signor Norrell, di Susanna Clarke - Morwen
«Zhitomir, Ucraina, marzo 1881
La sferza si abbatté sulla tavola. Gli occhi del cosacco erano trasparenti. Forse, in un tempo remoto, dietro quei buchi vuoti c'era stata un'anima, magari affetto, compassione, timor di Dio, ma in quel momento c'era solo odio: 'Luridi giudei, vi ammazzeremo tutti!' Nathan si accucciò in un angolo, coprendosi il capo con le mani, mentre la nagajka lo colpiva sempre più forte. Quattro giorni prima lo zar Alessandro II era stato ucciso. Gli ebrei non c'entravano con l'attentato, ma erano ebrei e tanto bastava. I teppisti avevano capito in fretta che alla polizia non premeva fermarli e l'odore del sangue li aveva resi folli. Linciavano i giudei per strada, saccheggiavano le loro botteghe, incendiavano case e sinagoghe. Nathan sentiva i colpi piovergli addosso, sempre più forti, mentre il cosacco gli vomitava addosso il suo rancore, misto a zaffate di vodka e lardo rancido »
Generazioni, di Gabriele Rubino - Mara
«Sono giorni ormai che piove e fa freddo e la burrasca ghiacciata costringe le notti ai tavoli del Posto Ristoro, luce sciatta e livida, neon ammuffiti, odore di ferrovia, polvere gialla rossiccia che si deposita lenta sui vetri, sugli sgabelli e nell'aria di svacco pubblico che respiriamo annoiati, maledetto inverno, davvero maledette notti alla stazione, chiacchiere e giochi di carte e il bicchiere colmo davanti, gli amici scoppiati pensano si scioglie così dicembre, basta una bottiglia sempre piena, finché dura il fumo.»

Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli - Tancredi


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