Un fanatico, un bigotto o anche una persona con delle idee ancora quasi condivisibili, ma che tendono pericolosamente al fondamentalismo, si ritroverebbe con piacere in più di un personaggio de La via del tabacco, nitida e cruda fotografia di una tragedia familiare.
Ogni componente della famiglia Lester, infatti, ha in sé qualcosa che lo caratterizza fortemente e lo imprime nella memoria, fosse anche solo per il disprezzo che si può provare nei suoi confronti, o più spesso per la pietà: quella stessa pietà che si prova per un idiota, che – suo malgrado, e spesso anche per quello delle persone che lo circondano – non conosce che un modo di pensare e di agire. Quella pietà ancora più grande che è impossibile non provare quando queste persone giustificano le proprie scelte culturalmente, perchè sono sempre vissute in un certo modo, e perchè cambiarlo? Se il Galileo di Brecht avesse un lanciafiamme a portata di mano, non avrebbe esitato a bruciarle. Tutto questo Vale per Jeeter, capofamiglia ma senza un briciolo residuo di autorevolezza, che non riesce proprio a capire che la sua terra, attraversata dalla via del tabacco ormai deserta, mai più darà frutti. Ma di andare a lavorare nella filanda non se ne parla: Dio mi ha dato questa terra, sostiene, e farà qualcosa per aiutarlo. Ma, intanto, da quella terra secca e indifferente non si muove. Vale anche per Bessie, predicatrice abilissima (o realmente invasata?) nel giustificare i suoi comportamenti spregevoli, la sua disponibilità sessuale, nascondendosi dietro l’esile figura di un Cristo che, questa volta, avrebbe inchiodato lei alla croce e senza nemmeno il conforto di due ladroni al suo fianco. Vale per Dude, che ha solo l’attenuante dell’ingenuità, della giovane età, a suo favore. Vale infine per Lov, marito della figlia più piccola di Jeeter, adorabile dodicenne ancora troppo giovane per soddisfare un uomo.
La via del tabacco, teatro di tempi migliori e ridotta ormai a una polveriera, una piccola via crucis, è lo sfondo di tutte le violenze familiari, dei rimpianti e anche di qualche speranza dei Lester: assiste inerme, senza poter giudicare, come d’altronde non fa mai nemmeno Caldwell: pare soprattutto questo il suo merito più grande, unito a una capacità icastica di disegnare un carattere anche solo con una battuta e, quindi, di creare un’atmosfera surreale ma credibilissima, al servizio della storia. Non c’è nemmeno bisogno di alcun giudizio morale perchè sono i personaggi a parlare de sé, toccando corde che forse ognuno di noi ha dentro, e magari cerca spesso di zittire.
Paolo Ottomano