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La Via del Vento porta a Georg Heym di Andrea Brancolini

Creato il 28 aprile 2012 da Wsf

La Via del Vento porta a Georg Heym di Andrea Brancolini

Via del Vento è il nome di una associazione culturale pistoiese che è anche casa editrice e che dal 1991 pubblica testi rari e/o inediti di artisti italiani e stranieri. Via del Vento riprende il vecchio nome della via in cui ha sede, che dalla fine dell’Ottocento si chiama Via Ventura Vitoni in omaggio all’architetto della Chiesa della Madonna dell’Umiltà sita nella strada. Chiesa la cui cupola, costruita sotto la guida del Vasari, si dice sia la terza della cristianità, dopo quella di San Pietro a Roma e quella di Santa Maria del Fiore a Firenze. Torno al nome di queste edizioni, la cui scelta è dipesa anche dall’importanza che questa via ha ricoperto nella vita letteraria di Pistoia. Qui, oltre ad avervi avuto sede una importante tipografia, vi sono vissuti Piero Bigongiari, Gianna Manzini, Sergio Civinini… Non voglio però tediare oltre con queste storie, che si possono trovare in modo più preciso ed esteso sul sito della casa editrice, anche perché c’è altro di cui parlare.

Uno degli aspetti che risalta all’occhio è la cura con cui sono pensati questi piccoli libri (piccoli di dimensioni e di pagine: 32) dall’estetica immediatamente riconoscibile. Pochi fronzoli e tanta sostanza per questi oggetti tirati in 2000 copie e numerati, cui rispondono all’interno curatele e traduzioni di rilievo (i racconti giovanili di Beckett sono presentati da Gabriele Frasca, per dire).

Quello di cui tratterò qui, e che appartiene alla collana “acquamarina”, dedicata alla poesia straniera (tra tanti e tante vi potete trovare: Sergej Esenin, Rainer Maria Rilke, Antonin Artaud, Osip Mandel’stam, Sylvia Plath, Anne Sexton….) è “Ci invitarono i cortili ed altre poesie”, una scelta di liriche del poeta tedesco Georg Heym curate e tradotte da Claudia Ciardi.

Quando mi è arrivato, speditomi dalla stessa curatrice insieme a quello di Benjamin (autore cui sono affezionato per motivi tra i più vari, ma che lei ovviamente non sapeva), non essendo un grande lettore di poesia, ma più un ri-lettore, mi son detto Umm… e la prima cosa che ho fatto è stata leggermi la breve postfazione al termine del libro per farmi un’idea.

Vi ho trovato questa frase, tratta dal diario di Heym:

“Amo tutti quelli che non sono adorati dalle grandi masse. Amo tutti coloro che tanto spesso disperano di loro stessi come a me accade quotidianamente.” (pag. 31)

Non poteva che predispormi nel modo migliore per la lettura (sono un sentimentale, temo, per certe cose). Ecco dunque la mia scheda (già apparsa, in forma diversa, sul sito lankelot.eu):

Nel centenario della morte di Georg Heym (ok, ho approssimato per un mese, è uscito a dicembre 2011) la casa editrice pistoiese Via del Vento propone una scelta di liriche di questo poeta tedesco, tra i più importanti nei primi passi espressionisti, morto a 24 anni a seguito di un incidente sul fiume Havel, ghiacciato, nel tentativo di salvare un amico dall’annegamento. Le poesie qui presenti, pur provenienti da raccolte diverse, danno un’impressione di compattezza e omogeneità offrendo uno sguardo complessivo sull’opera di Heym. È un assaggio strutturato per chi avesse voglia di continuare nella conoscenza di questo poeta, sempre che riesca a trovare i pochi suoi lavori tradotti nel nostro paese (a parte questa pubblicazione mi sa che ci si deve rivolgere alle biblioteche, a vedere la distribuzione online e considerando che le ultime uscite risalgono ai primi anni ’80).

Heym, ragazzo amante dell’arte e insofferente alle regole paterne, si fece largo sulla scena letteraria tedesca a partire dal 1910, con l’ingresso nel gruppo “Der Neue Club” presieduto da Hiller. Nel giro di due anni si afferma come figura di spicco della poesia espressionista, fino alla tragedia sull’Havel. Il fiume che è parte integrante della sua scrittura poetica e che sembra, nel suo continuo mutare rimanendo se stesso, figura da inseguire, cercare anche solo di sfiorare, toccare. Heym, quando scrive, cerca. Questa l’impressione che mi ha dato durante la lettura.

La sua è una scrittura crepuscolare, e non potrebbe essere altrimenti (credo) dato il periodo storico, forte di colori (rosso, nero, oro, grigio), intrecciata all’architettura della città (blocchi di case, ciminiere, e gli steccati, e il porto) ed alla sua geografia (il fiume Havel, i laghi), attenta ai suoi abitanti, siano operai, marinai, bambini, amanti, folli e…morti.

Una scrittura di passaggi da uno stato ad un altro, di indagine dell’attimo in cui i luoghi, le persone, i rumori, i colori, i sapori, cambiano, diventano altro pur rimanendo loro stessi. Per questo mi sembra che il fiume e la città (Havel e Berlino) si possano configurare come i macroelementi portanti della sua ricerca. Il fiume è il continuo movimento, la città la stasi perpetua, eppure il primo è sempre presente così come la seconda cambia pelle ogni giorno. All’interno si trova l’essere umano che nella sua quasi banale quotidianità interviene sui due elementi, li antropomorfizza fino quasi a farne entità-dèi, che se per la città diviene una definizione esplicita (“Il dio della città” è il titolo di una poesia) per il fiume è qualcosa di sotteso, meno evidente ed altrettanto forte. Si nota bene come nessun luogo e nessun essere vivente sia solo ciò che appare e il poeta cerca di svelare la vita e il suo opposto in ogni luogo, in ogni sentimento, per ogni persona nel tentativo di comprendere l’attimo del cambiamento.

Cambiamento costruito per contrasti e sfumature, passaggi cromatici e sonori, dove le immagini di vita e morte finiscono quasi col sovrapporsi e sembra che ogni parola non sia che un vano tentativo di capire il nodo che le lega, sciogliendolo e rifacendolo come se in questo atto si potesse arrivare al suo segreto e coglierne l’istante di scivolamento della vita nella morte, della morte nella vita.

Berlino

Stanno le ciminiere sull’alto sfondo
della luce invernale, e il peso ne portano:
la fosca reggia del cielo che s’abbuia.
Ma brucia in basso il suo orlo, una soglia d’oro.

Lontano tra nudi d’alberi, case,
steccati e rimesse, dove la metropoli s’appiana,
su rotaie di ghiaccio stenta un merci
e lentamente scompare.

Spunta un cimitero di poveri, nero, pietra su pietra,
dal loro buco scrutano i morti
la sera di fiamma. Vino forte è il sapore.

Spalle al muro tessendo siedono,
berretti di fuliggine sulle ossute tempie,
cantan la marsigliese, il vecchio inno di battaglia.

I battelli sull’Havel

Wannsee

Corpo bianco dei battelli. Sbatton gli scafi i flutti
lungamente nelle scie, rosse come sangue.
Superba sera. Dentro la sua brace
vibra una melodia, il vento la sperde.

Preme ora la riva sui fianchi dei navigli
che lenti si trascinano a un arco di nere foglie.
I castagni versano il loro bianco seme
come pioggia d’argento nelle mani dei bambini.

E ancora fuori lontano. Dove il crepuscolo
la sua fosca corona posa sulla macchia isolana,
e sordamente l’onda rotola nel canneto.

Nell’occidente spoglio, freddo come luce lunare,
resiste il vapore, similmente il treno dei morti
esausto e appena smosso per il cielo scialbo avanza.

EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE

Georg Heym, Ci invitarono i cortili e altre poesie, Via del Vento edizioni, Pistoia 2011.
Cura e traduzione di Claudia Ciardi. Copia numero 17 di 2000. Collana Acquamarina, 45. Pag. 36, ISBN 978-88-6226-056-5
Euro 4,00

Georg Heym (Hirschberg, 30 ottobre 1887 – Berlino, 16 gennaio 1912) è stato uno scrittore tedesco e soprattutto uno dei più importanti poeti del primo espressionismo tedesco.

Di Andrea Brancolini

Lankelot:http://www.lankelot.eu/letteratura/heym-georg-ci-invitarono-i-cortili-e-altre-poesie.html


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