Il 21 marzo Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono stati fatti rientrare in India. Una decisione improvvisa, inaspettata, che a colto tutti di sorpresa considerando che pochi giorni prima, l’11 marzo il Sottosegretario agli Esteri De Mistura, oggi vice Ministro, aveva assicurato per il tramite dell’Agenzia stampa AGI “La decisione di non far rientrare i maro’ in India “e’ stata presa in coordinamento stretto con il presidente del Consiglio Mario Monti e d’accordo tutti i ministri” coinvolti nella vicenda, “Esteri, Difesa e Giustizia”. Aggiunge che “siamo tutti nella stessa posizione, in maniera coesa e con il coordinamento di Monti”.
Una decisione che ha portato l’Ambasciatore Terzi, allora Ministro degli Esteri, a dimettersi il 26 marzo palesando il suo dissenso su quanto stabilito dall’Esecutivo. Una decisione criticata con fermezza il giorno dopo dal Presidente del Consiglio che ha riferito sulla vicenda nella stessa aula istituzionale, perché inaspettata e perché ufficializzata in modo inusuale.
Il Premier, però, nello stesso momento non ha chiarito nulla sui contenuti delle affermazioni dell’11 marzo del Sottosegretario De Mistura, “siamo tutti nella stessa posizione, in maniera coesa e con il coordinamento di Monti” e si è solo limitato a rassicurare che l’India si era impegnata a non applicare la pena di morte nei confronti dei due militari.
Un’assicurazione formalizzata, come traspare nei giorni successivi dall’addetto d’Affari indiano a Roma e non confermata dal Premier indiano Singh che in occasione di un contatto telefonico con il Presidente Monti del 9 aprile afferma “……sarebbe prematuro esprimere un parere su aspetti specifici” (http://www.dnaindia.com/india/1820653/report-italian-pm-calls-up-manmohan-singh-discusses-marines-issue).
Oggi si doveva riunire l’Alta Corte indiana per sancire, tra l’altro, la costituzione del Tribunale Ufficiale deputato a giudicare i due Marò, ma nulla di tutto ciò avviene e tutto è rimandato a lunedì prossimo 22 aprile. E’ ripresa l’altalena dei rinvii dei Tribunali indiani che ha caratterizzato questi ultimi 14 mesi.
Oggi anche un’altra notizia a mio avviso preoccupante. La Reuters da Delhi informa che l’Italia si è opposta al fatto che l’India voglia affidare le indagini ad un’agenzia antiterrorismo per “i rinnovati timori che i militari italiani rischino la pena di morte”! Decisione quella indiana confermata dal procuratore generale G.E. Vahanvati che ha comunicato che il governo ha assegnato il caso all’Agenzia indagini nazionale (Nia) antiterrorismo perché l’Ufficio centrale di indagine (Cbi) è oberato di lavoro.
Inoltre, Vahanvati ha detto che il governo ha istituito un tribunale speciale per processare Latorre e Girone ed ha aggiunto che il Nia completerebbe le indagini in 60 giorni. E’ stato, però, ambiguo sulle leggi in base alle quali i due italiani sarebbero incriminati e quindi sulle conseguenti pene.
Credo che a questo punto la Presidenza del Consiglio ed il Ministero degli Esteri siano moralmente e formalmente in obbligo di fornire chiarimenti inequivocabili su quello che sta accadendo, sul perché ancora non è stato avviato l’arbitrato internazionale e di informare i cittadini italiani sulla reale concretezza delle promesse indiane di non applicare la pena capitale.
Infatti, le assicurazioni fino ad ora date a tale riguardo, sono contraddette da quanto riportato dalla stampa indiana il 9 aprile ed oggi dalla Reuters.
Peraltro l’Italia stessa, come riportato dall’Agenzia, si sta opponendo alle decisioni indiane sull’affidamento alla NIA delle indagini per “rinnovati timori che i militari rischiano la pena di morte”.
Di chi siano questi timori non è dato saperlo, ma non possiamo rimanere nel vago per una questione di fondamentale importanza. Credo che abbiamo il diritto di capire se e per la terza volta non sia stato rispettato quanto prescritto dalla Costituzione italiana in materia di estradizione.
Non reputo accettabile che in uno Stato di Diritto ed in una democrazia evoluta siano negate informazioni importanti e sia oscurato il diritto di conoscere con certezza.
Credo che se l’Italia per non sconfessare la parola data ha permesso che due cittadini italiani tornassero in un Paese che indebitamente si è appropriato del diritto di giudicarli, anche l’India dovrebbe dare ampia assicurazione su ciò che è “stato formalizzato” al Vice Ministro De Mistura il 21 marzo, garantendo qualcosa della massima importanza come la non applicabilità della pena capitale.
Lo Stato italiano dove pretendere che questo avvenga subito, con trasparenza e con la stessa fermezza con cui l’India ha obbligato l’Italia a rispettare “La parola data”.