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La "vicevita" che corre via sul treno

Creato il 07 giugno 2011 da Paciampi

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"Chi sta in treno, è segno che vuole andare da qualche parte, e lo fa sempre e solo in vista di qualcos'altro... La nostra vita pullula di queste attività strumentali e vicarie, nel corso delle quali, più che vivere, aspettiamo di vivere, o per meglio dire, viviamo in attesa di altro... Sono i momentio in cui facciamo da veicolo a noi stessi. E' ciò che chiamerei la vicevita"
Comincia così, con questa sorta di premessa, La vicevita di Valerio Magrelli, poeta importante che questa volta presta la sua penna e la sua ispirazione all'esperienza del viaggio in treno.
E' curioso, ma senza nessuna esplicita volontà questo piccolo libro, pubblicato nella collana Contromano di Laterza, mi è capitato tra le mani appena terminato le pagine di Paolo Cagnan sulla Transiberiana, un'opera dedicata insomma proprio a questa esperienza. Cosa che mi conferma che se anche non ci sono progetti consapevoli di lettura, ci sono richiami, corrispondenze, percorsi da una pagina all'altra che sono come le pietre su cui si salta per attraversare un torrentello (attenti agli scivoloni, però).
Proprio la lettura di Cagnan è un buon modo di dissentire dalle prime righe - e anche dal titolo - di Magrelli. Perché per me il viaggio in treno, benché sia sempre ovviamente uno spostarsi verso qualcos'altro, e quindi anche un'attesa di qualcosa che ora non c'è, beh, è vera vita, vita piena.
Alla fine il treno fermerà nella mia stazione, io prenderò con me il mio bagaglio, scenderò, mi guarderò qualche attimo intorno, e poi mi incamminerò, con fretta maggiore o minore secondo le circostanze. E sarà certo qualcosa di diverso.
Eppure se mi guardo indietro il viaggio in treno è sempre stata per me esperienza di straordinaria intensità: che io guardi dal finestrino il mondo che passa mentre in realtà sono io che passo, che legga un libro finalmente sganciato da qualsiasi altra incombenza, o che puri curiosi negli sguardi e nei gesti dei miei compagni di viaggio.
C'è molta poesia nell'andare treno e per questo è giusto che un poeta, per cui il treno è stato pendolarismo più che viaggo, abbia sentito la voglia di raccontarcelo.
Su diverse altre cose dette da Magrelli non mi sono trovato d'accordo. Ma questo non era necessario. L'importante era ed è lo sguardo poetico che sostanzia queste pagine di riflessioni, piccole storie, incontri fugaci.
Serve questo sguardo per educarci anche noi a questo sguardo. Per attingere al pozzo della poesia anche quando c'è solo lo sferraglio delle ruote sui binari. E magari l'aria condizionata nemmeno funziona.

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