Le vipere sono gli unici serpenti velenosi esistenti in Italia. Le quattro specie presenti sono distribuite in tutte le regioni, ad eccezione della Sardegna che vanta la peculiarità di non avere serpenti velenosi nel suo habitat naturale. Un’ipotesi accreditata ci rivela che le vipere fossero presenti sull’isola fino al Pliocene (dai 3,6 ai 2,5 milioni di anni fa), infatti sono stati trovati in Sardegna resti fossili di viperidi risalenti a quel periodo. In seguito cause ambientali e climatiche ne avrebbero causato la scomparsa.
La vipera Aspis, o vipera comune, è diffusa sulle Alpi e sugli Appennini, predilige luoghi caldi ed asciutti ed ha un’indole mite, poiché solitamente fugge se molestata. La vipera Berus anche detta marasso palustre, diffusa in montagna e presente nel Nord Italia è piuttosto aggressiva. La si può trovare anche in acqua e, se viene provocata, attacca facilmente.
La vipera del Corno è presente soprattutto nel nord-est dell’Italia, incluse le Dolomiti. È facilmente riconoscibile poiché caratterizzata da un piccolo corno sulla punta del naso. Predilige zone aride, pendii e pietraie. È poco aggressiva, ma il suo veleno è il più pericoloso fra le specie italiane.
Infine vi è la vipera Ursini o dell’Orsini, presente nell’Appennino Abruzzese ed Umbro-Marchigiano, in particolare nel Gran Sasso. Di dimensioni piuttosto piccole, è la meno pericolosa. Una vipera adulta è inferiore agli 80-90 cm e comunque sempre ampiamente sotto al metro di lunghezza. Essa ha il capo triangolare, ben distinto dal collo, il muso squadrato con apice rivolto in alto, pupille verticali (mentre le bisce d’acqua le hanno rotonde), squame del corpo piccole, corpo massiccio, tozzo che termina di colpo con una coda corta. I serpenti non velenosi hanno, al contrario, una forma più allungata ed affusolata con una diminuzione del diametro del corpo dalla testa verso la coda molto più graduale e ben visibile. Le vipere tengono spesso il corpo ripiegato ad S e fuggono con andatura lenta, senza farsi troppo notare.
Questi rettili vivono nelle zone assolate e ricche di vegetazione quali boschi, luoghi con arbusti, zone rocciose e pietraie. In estate, nelle ore più calde, stanno al riparo tra la vegetazione, mentre sono attive al mattino e di sera. In primavera e autunno, quindi in presenza di temperature più fresche, si espongono più a lungo al sole. Essendo animali a sangue freddo, hanno bisogno del sole per trarre energia. Quando il sole è meno caldo, oppure si sono esposte da poco, esse sono più lente nei movimenti. In questi frangenti può capitare che, vedendosi impossibilitate a fuggire, tendano ad attaccare per difendersi.
Le vipere italiane appartengono alla famiglia dei Viperidi ed al Genere Vipera caratteristico dell’Europa, del Nord Africa e del Medio Oriente. La vipera comune è presente fino ad oltre 2.500 metri di quota. Sono animali ovovivipari, cioè trattengono le uova nel ventre materno fino alla schiusa. Esponendosi al sole la madre mantiene le uova a temperature ottimali e ne permette lo sviluppo. Nascono 1 o 2 volte l’anno, tra agosto e ottobre. Le uova rimangono nel corpo della madre per circa 3 mesi. I piccoli, in genere da 6 a 8, non hanno bisogno delle cure materne, e dopo la nascita si disperdono. Sono lunghi circa 15 cm ma già velenosi.
La vipera è un animale schivo e legato al territorio. A marzo i maschi vanno alla ricerca di una compagna ed inizia l’attività della riproduzione. Passato il periodo degli accoppiamenti questi rettili si spostano poco e cacciano prevalentemente piccoli mammiferi, soprattutto topi e, di rado, piccoli uccelli. Il serpente si apposta ed attende il passaggio della preda, la morde e poi la lascia andare. La vittima cerca di fuggire, ma il veleno inoculato dal rettile entra subito in circolo e permette di fare poca strada. Il serpente, con la classica lingua mobile e biforcuta ne capta l’odore, la raggiunge e la inghiotte intera partendo dalla testa. In seguito cerca un luogo sicuro ed appartato per dare inizio alla sua lenta digestione.
Come tutti gli esseri viventi la vipera ha bisogno d’acqua, quindi è facile trovarla vicino a torrenti e corsi d’acqua. Questo rettile d’inverno va in letargo, poiché essendo animale a sangue freddo, tende a svernare in ibernazione, solitaria o in gruppo, a seconda della specie. Negli ultimi 6 anni si è verificata una media in Italia di 257 casi di persone morse dalle vipere all’anno. Le statistiche affermano che nella maggior parte dei Paesi Europei si verifica un decesso a causa di un morso di vipera in media ogni 1-5 anni: un numero piuttosto basso rispetto alla totalità degli individui morsi. Esiste tuttavia nei confronti di questi animali una paura non proporzionale rispetto al reale pericolo che essi rappresentano.
Nel caso di morso di vipera sono evidenti due punti rossi più grandi rispetto agli altri forellini che seguono, dovuti alla presenza dei denti veleniferi. Questi due fori sono assenti ovviamente nel morso di serpenti non velenosi, che invece presentano soltanto una serie di punti della medesima dimensione. Il morso di vipera provoca arrossamento, gonfiore, formicolio, dolore, colore bluastro della cute. Nell’arco di un’ora sopraggiungono i sintomi sistemici, quali nausea, vomito ( talvolta con sangue), dolori muscolari, diarrea, collasso cardiocircolatorio, shock con perdita di coscienza. Se il primo soccorso è svolto con diligenza e rapidità è difficile che il morso di vipera si riveli mortale. Dipende comunque dall’età e peso del malcapitato, poiché bimbi e anziani sono più sensibili, condizioni di salute, profondità e posizione del morso, e se il serpente al momento del morso abbia o meno svuotato di recente le ghiandole velenifere. In caso positivo, la concentrazione di veleno inoculato sarebbe minore. La quantità di veleno mortale per un uomo adulto ed in buono stato di salute è circa il doppio della dose media iniettata con il morso di una vipera.
L’infortunato deve subito sdraiarsi e cercare di rimanere tranquillo, poiché ogni suo movimento non farebbe altro che velocizzare la distribuzione del veleno nell’organismo. Non utilizzare disinfettanti a base di alcool, poiché quest’ultimo aumenta la tossicità del veleno. Vietato incidere o succhiare il veleno: arrecheremmo solo altri danni al malcapitato e rischieremmo di avvelenare noi stessi attraverso microferite che a volte neppure sappiamo di avere in bocca. Applicare un laccio a 5-6 cm a monte del morso, non troppo stretto. Deve passarci un dito, poiché lo scopo non è quello di bloccare la circolazione sanguigna, bensì quella linfatica che veicola il veleno. Possiamo mettere ghiaccio sul morso e far bere al ferito bevande eccitanti quale tè o caffè, per impedire un calo di pressione. Evitare nella maniera più assoluta bevande alcoliche e portare immediatamente il paziente al pronto soccorso.
Poiché prevenire è sempre meglio che curare, consigliamo a chi va per boschi di indossare scarpe alte con calze di lana pesante. Se la vipera proprio deve mordere, la quantità di veleno sarà nettamente inferiore che se indossassimo un paio di infradito. Camminare a passo pesante, cadenzato. Battere il terreno con l’ausilio di un bastone. I rettili avvertono le vibrazioni e quindi fuggono. Ispezionare attentamente il luogo in cui si decide di sedersi, non appoggiarsi a tronchi ricoperti di foglie e fascine di legna. Mai mettere le mani sotto rocce, sassi o dentro fessure nel terreno. Fare attenzione quando ci si disseta ad una fonte o quando si cammina su una pietraia. Sperando di esservi stati utili, auguriamo buone vacanze montanare a tutti.
Written by Cristina Biolcati