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La visione del cieco: appunti brevi sul romanzo di De Michele

Creato il 20 giugno 2011 da Kappazeta

Appunti a caldo su un libro (uscito nel 2008) che ho finito da qualche settimana ma non ne vuole sapere di farsi mettere nello scaffale. Sta qui sulla scrivania. Come se dovesse essere ancora metabolizzato. De Michele fa questo effetto qua. Avevo già scritto di Tre uomini paradossali e Scirocco, che avevano lasciato il segno. Anche La visione del cieco lo lascia. Ed è per questo che rimane in testa.

De Michele mi porta via, sempre, mentre leggo è come se tutto intorno scomparisse, a parte una finestra aperta su YouTube, per ascoltare tutte le citazioni musicali che accompagnano il testo. E’ sempre qualcosa che arriva dritto, diretto, addosso. Con in più la “sfida” di questo libro in cui non è mai usato il verbo essere (“immobilizza la vita, fissa il movimento come un ago dentro l’insetto pronto per la teca. Una vita sotto vetro…”, dice Cristiano, uno dei personaggi).

Scirocco (uno dei libri che più ho amato negli ultimi anni) era (quasi) un’epica, racchiudeva decenni di storie, memorie e paranoie, mostrava le radici in cui affonda il nostro presente. E La visione del cieco ci parla proprio di questo presente, che non ci piace – ma lo sappiamo già -, e ce lo ritroviamo in faccia, riannodando i fili per continuare a resistere, nonostante tutto. Si sente l’odore del peggio, a ogni pagina, eppure è ancora possibile varcare un crinale di notte e farsi così sorprendere da una nuova alba.


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