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La visita medica del lavoro

Creato il 23 luglio 2013 da Scribacchina

Come direbbe Stewart Copeland, «Strange things happen».
Quella che mi è successa in questi giorni è strana perché decisamente non prevista.

Lavorare in una piccola realtà è un po’ come stare in famiglia.
Si è in pochi, ci si conosce perfettamente, ci si sopporta cordialmente e – soprattutto - ci si supporta: se la segretaria deve portare la figlia a scuola, la sostituisci per quella mezz’oretta. A tua volta, puoi chiedere al collega di venire a recuperarti se durante il tragitto ti accorgi di avere forato; il tutto senza dover rendere conto a inarrivabili boss, pronti a licenziarti per la minima mancanza.

Lavorare in una piccola realtà significa anche scoprire dopo tanti anni che le regole sono uguali per tutti. E che la visita medica del lavoro va fatta, anche se eri convinta che tu e i tuoi colleghi, per chissà quale privilegio divino, ne foste esentati.

La notizia della visita ci viene comunicata un mattino.
Così, come se si trattasse della cosa più naturale di questa terra.
E alla domanda: «Ma, scusi, perché non l’abbiamo mai fatta?» seguono risposte molto vaghe, una più incomprensibile dell’altra.

Lavorare in una piccola realtà significa vivere ogni minimo cambiamento come un cataclisma, anche se in fondo si tratta di una sciocchezza: è così che una banalissima visita medica diventa infinita fonte di discussioni e congetture, in un incredibile crescendo di pathos.

Arriva il giorno X. 
Neanche a farlo apposta, dovrò fare da cavia: sono la prima.
Mi reco quindi da questa ignota dottoressa, confortata dal fatto che sia una donna: chissà perché, mi tranquillizza sapere che non si tratti di un uomo.
Invece, guarda un po’, c’è un dottore ad accogliermi.
A man.
Vabè.
Deve avere la mia età occhio e croce, quindi è… abbastanza giovane.

:-)

Ci diamo del lei, come da copione medico-paziente.

«E allora, Scribacchina, mi dica tutto: quando l’abbiamo fatta l’ultima visita medica del lavoro?»
Simpatico, il tipo… penso stia scherzando.
Invece no.
Ignorava.

Segue una lunga visita. Una cosa di tutto rispetto, manco fosse il mio medico di famiglia: occhi e occhiali, scheletro e muscoli, articolazioni e cervicale, postura, varie ed eventuali.
Ormai tranquilla e serena, mi stendo sul lettino per farmi auscultare il cuore; penso a quanto sarebbe bello avere un apparecchio in grado non di auscultare, ma di ascoltare il cuore: di sentirne emozioni, sensazioni, gioie, tristezze.
Chissà che lingua parla, il cuore; chissà se esistono corsi per imparare questa complicata lingua.
… E comunque, no, a pensarci bene è una benedizione che non esista l’«ascolta-cuore»: meglio tradurre a parole quello che si sente, e tradurlo solo a persone ben selezionate. Pensa che imbarazzo: passare vicino a qualcuno che segretamente non sopporti, vedere che tira fuori l’attrezzo per ascoltare il cuore e… zacchete! essere presa in castagna.
Oppure, peggio, provare un segreto, inconfessato interesse per qualcuno e sentirsi violata proprio lì, nella parte più nascosta del cuore, in una frazione di secondo. Terribile.

… Scribacchina, ci sei?
Ti ricordi dove ti trovi, vero?…

La voce della ragione mi catapulta dai pensieri alla realtà. Giusto in tempo per notare che il dottorino di stetoscopio armato sta guardando con occhio dubbioso la mia pancia.
Mi guarda in viso.
Mi riguarda la pancia.
Piuttosto preoccupato, se ne esce con un: «Non crederà di mettersi in bikini e andare al mare a prendere il sole, vero?».
«… Prego?…»
«Ma si è vista? Ha la pancia bianca come un cadavere! Per non parlare del resto…».
«Capirà: col nome che mi ritrovo, era inevitabile…»
«Se proprio deve andare in vacanza, si ricordi la protezione 50. Minimo».

Sento parlare di creme e penso a quella mia amica con la testa tra le nuvole, più bianca di me se possibile, che tempo fa aveva confuso la crema solare con il bagnodoccia.
Un paio d’ore sotto il sole in orario di punta e poi via, tutti a fare il bagno in acqua.
Un disastro: schiuma dappertutto, tantissima schiuma.
E a fine giornata, scottature da pronto soccorso.
Strange things happen.

«A parte il solare 50, la situazione com’è? Posso sperare di sopravvivere?»
«Vada, Scribacchina, vada: è sana come un pesce».

***

Di questa visita medica del lavoro, la prima della mia vita, ricorderò il particolare della pancia bianca.
Ricorderò anche le risate dei colleghi visitati dopo di me.
Niente creme, per loro: solo qualche simpatico suggerimento per tenersi in forma.
E la raccomandazione di ripetere alla «collega bianca» di usare un solare 50.


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