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La vita accanto - Mariapia Veladiano

Da Rossellamartielli

La vita accanto - Mariapia Veladiano

La vita accanto, Einaudi Stile libero

Quando ho finito di leggere La vita accanto, romanzo d’esordio di Mariapia Veladiano, ho pensato che quest’anno, come in altre occasioni, il prestigioso Premio Calvino non è andato sprecato.L’opera prima della scrittrice vicentina, infatti, è ben più di una storia autenticamente commovente, raccontata in maniera piacevole. Tanto per cominciare, dimostra come non sia necessario riempire centinaia di pagine per trasmettere il senso di una vita e di un’infanzia spezzate, segnate dal dolore della diversità e da un riscatto difficile, perseguito con tenacia; lo dimostra racchiudendo uno sfaccettato universo di emozioni e personaggi in un romanzo di appena centocinquanta pagine, dallo stile pulito e raffinato, semplice ma al tempo stesso evocativo. A tratti, soprattutto negli ultimi capitoli, la prosa sembra farsi poesia, versi che seducono e incantano con la forza di parole che sono anche le nostre, quelle che usiamo quotidianamente, accostate con tale maestria che il risultato è una sinfonia perfetta. Del resto la Musica ci insegna proprio questo: non è necessario avere a disposizione un patrimonio infinito di note, basta possedere l’arte di combinarle tra loro, creando qualcosa di unico. Un’arte che alla Veladiano certo non manca. La Musica è un tutt’uno con il romanzo, è una presenza discreta che si avverte dapprima solo sullo sfondo, poi sempre più al centro di una trama che pervade e trasforma, riscrivendone il finale come si farebbe con una favola d’altri tempi. La Musica salva la protagonista, Rebecca, da una vita di colpa e solitudine.Contaminata da una forma di bruttezza fuori dal comune, Rebecca fin dalla prima infanzia scopre cosa vuol dire convivere con un aspetto ripugnante: niente uscite con i genitori, nemmeno per andare al luna-park, niente carezze e dimostrazioni d’affetto, niente asilo né compagni di gioco. Affascinanti e realistici sono i personaggi che ruotano attorno al ristretto mondo della ragazzina, verso i quali è difficile non provare una qualche forma di simpatia o antipatia: odiose e insieme commoventi le figure della madre, affetta da una grave forma di depressione post-partum che la porta a chiudersi in un mondo tutto suo, e del padre, debole per vocazione, insensibile ai bisogni della figlia per necessità; ambigua e conturbante è la zia Erminia, donna egocentrica ed egoista, morbosamente attaccata al fratello; amorevoli e materne la tata Maddalena e la maestra Albertina. E poi la grassa e logorroica Lucilla, amica pettegola quanto fedele, il maestro De Lellis e sua madre, vecchia stramba e arzilla. Non mancano i colpi di scena, perché la realtà cela molto più di quello che rivela.La Veladiano si dimostra abile nel mantenere viva l’attenzione del lettore con un ritmo incalzante, alternando abilmente scene e tempi diversi, passando con naturalezza da un registro linguistico all’altro, da quello popolare della tata Maddalena a quello aulico di un diario poetico. Sullo sfondo, la provincia italiana moralista e ben pensante, così ipocrita da sfiorare la caricatura, i cui paesaggi vengono trasfigurati da atmosfere oniriche che ricordano molto quelle Zafón. Anche Vicenza sembra avere un’anima, volubile e capricciosa, essenzialmente spietata, un’“anima nera come le acque del Retrone”, il fiume che la attraversa. La Musica lega luoghi e personaggi a un sottile filo di malinconia, dimostrando come la bellezza possieda una profondità che poco ha a che fare con l’estetica. In una società come la nostra, dominata da un estetismo edonistico, in cui il piacere è merce inflazionata, non può meravigliare se la bruttezza sia considerata alla stregua di una malattia o di un crimine, vergognosa perché colpevole di offendere la sensibilità degli uomini molto più degli scandali sessuali e della corruzione dei potenti. In un mondo in cui si è perso il senso di ciò che è contro natura, ancora una volta a rimetterci di più sono le donne. Viene da pensare che se Rebecca fosse nata uomo, probabilmente la sua vita sarebbe stata diversa. Non bella forse, ma sensibilmente migliore. Perché fin dalla notte dei tempi, da Kant a Rousseau – solo per citare alcuni tra i filosofi più “illuminati” di tutti i tempi – è un dato di fatto che per la donna l’avvenenza fisica sia quasi fondamentale per la sopravvivenza sociale, molto più che per un uomo. E a ben poco sono valsi anni di battaglie femministe, di reggiseni bruciati e concorsi di bellezza boicottati, se ancora oggi, anche in Paesi civili e democratici come l’Italia, le donne valgono principalmente per come appaiono. L’unica pecca de La vita accanto, a mio avviso, sta in una conclusione troppo frettolosa, che forse meritava più spazio e un maggiore approfondimento. Nulla toglie, però, al fascino di un libro molto attuale, ben scritto, che ha il raro pregio di commuovere rifuggendo da stereotipi e semplificazioni. Da leggere, assolutamente.

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