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La vita come opera d'arte 2 - Il concerto di Radu Mihaileanu

Creato il 05 aprile 2011 da Spaceoddity
Un vecchio direttore d’orchestra, Andrej Filipov, costretto dal Partito Comunista a rinunciare alla sua attività da trent’anni, sfrutta le circostanze “favorevoli” per guidare una finta orchestra del Bolshoi di Mosca a Parigi. Lì, se la buona sorte e personaggi inverosimili lo consentiranno, dirigerà lo struggente Concerto per violino di P. I. Čajkovskij e per solista avrà Anne-Marie Jacquet, che lui non conosce di persona e, cionondimeno, appartiene al suo passato.
La vita come opera d'arte 2 - Il concerto di Radu MihaileanuIl concerto di Radu Mihaileanu, regista del più noto Train de Vie, è una commedia tutta impastata dell’emozione della musica e della vita. È un film tenero, ben diretto e soprattutto ben recitato, piuttosto prevedibile nel suo svolgimento, ma mai banale. I paesaggi urbani sono, sì, sfondi per vicende che li trascendono, ma non si riducono a mero sfondo di cartapesta teatrale: sono invece l’essenza stessa di un passato, di una storia e del sogno.
Il miracolo del personaggio consiste nel creare un’armonia tra la propria vita attuale, con tutti i rottami di un regime senz’anima e senza consenso, e una biografia vecchia e tormentosa, grazie al violino solista che rappresenta il legame con la sua vita, là dove l’aveva lasciata. Il concerto, dunque, come ben intuisce Anne-Marie, la solista, rappresenta per Andrej molto più che un prestigiosissimo incontro e molto più anche di un’insperata sintonia con un nome storico della direzione musicale.
La ragazza vede la propria vita attraverso la musica da fare e sulla sua carriera ha fondato la sua personalità, pur senza rinunciare a una sua sana e personalissima ricerca esistenziale; l’uomo ha invece il suo percorso artistico alle spalle e vede questa come un’occasione rubata al destino per saldare la tensione artistica e la vita così come effettivamente la vive, con la sua miseria e la sua concretezza.
I personaggi di contorno sono ricchi di umanità, interessanti, ma rimangono eccentrici, incapaci di riscatto autonomo: simpatici vagabondi alla deriva, né un direttore artistico, né un improbabile impresario riescono a ricondurli all’armonia. Sarà solo il dolorosissimo violino di Čajkovskij, suonato in base ad annotazioni del passato, a risvegliare in Andrej, con la memoria, la capacità di accordare quelle esistenze alle sue. E il presente con un futuro che Andrej non poteva vedere.

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