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La vita da “tecnomade”: come unire viaggi e lavoro

Da Twagomagazine @lorenzomonfreg

twago ha incontrato Julie, scrittrice del blog BuzzTrotter che ci ha raccontato le sue avventure in giro per il mondo, durante le quali ha lavorato come freelance riuscendo a combinare il piacere di scoprire nuovi luoghi e il suo lavoro da freelance con suo marito ed ora anche con il loro bambino.

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1. Tra il sogno e la realtà, c’è un solo passo. Qual è stata la molla che ha fatto scattare in te la decisione di partire per 6 mesi in Asia per un road trip continuando a lavorare ai tuoi progetti?

La molla è scattata il giorno in cui mi sono detta “questo è il momento perfetto per partire”, le nostre attività professionali erano già avviate, entrambi amiamo viaggiare, ed era il momento migliore per iniziare; e poi il desiderio di andare oltre le solite 3 settimane all’anno di vacanza, ispirata dalle numerose storie che avevo sentito di viaggi intorno al mondo… è sempre stato il mio sogno!

2. Hai avvisato i tuoi clienti prima di partire? Com’è stato il tuo rapporto con loro durante il viaggio? È stato un ostacolo per loro? Hanno avuto timore che tu non potessi continuare a lavorare come sempre?

Non l’abbiamo comunicato a tutti i nostri clienti, alcuni erano abituati al nostro lavoro a distanza, quindi ci è sembrato naturale avvisarli, e ci hanno anche supportati durante il nostro viaggio. Ai nuovi clienti invece abbiamo preferito non dire nulla per non spaventarli. Grazie alla nostra linea SIP con un numero francese, le telefonate non svelavano la nostra posizione geografica.

3. Quali sono le cose essenziali che un freelance deve mettere in valigia prima di partire?

L’essenziale è sicuramente un computer con tutti i cavi, la fotocamera, un ebook se vi piace leggere (evitare di portare guide di viaggio che pesano tanto) e tutti i documenti che riguardano la propria attività, scannerizzati per portare con sé il minor numero di cose possibili. Abbiamo anche pubblicato un articolo a riguardo sul nostro blog, e soprattutto su come alleggerire il proprio bagaglio.

4. Come vi organizzavate per lavorare quando eravate in viaggio?

Andavamo in giro la mattina, quando non faceva molto caldo e nel pomeriggio utilizzavamo gli spazi di coworking, i bar o gli alberghi per lavorare al fresco con l’aria condizionata. C’erano momenti in cui avevamo bisogno di una forte motivazione per lavorare, perché la tentazione di andare in spiaggia o magari visitare nuovi posti, era davvero forte! Nonostante ciò, abbiamo cercato di rispettare i nostri ritmi, cosa che ci ha permesso di fare entrambe le cose. Di sera poi c’era l’opportunità di continuare a lavorare poiché con il fuso orario era pomeriggio in Francia.

5. Quali sono i tuoi consigli per lavorare negli spazi di “coworking” all’estero?

Prima di tutto inviare un’email con un giorno di anticipo per presentare se stessi e la proria attività e per annunciare il proprio arrivo. Una volta arrivati, si può fare una piccola chiacchierata introduttiva per conoscersi, e poi si riceve la propria scrivania per iniziare a lavorare; nel nostro caso abbiamo fatto molti incontri interessanti, che hanno dato spazio alla nostra curiosità. Soprattutto quando si è all’estero, trovo sia un peccato non vedere come gli altri lavorano e quanto sia importante il coworking per gli altri… Ad Osaka, per esempio, siamo stati accolti benissimo, e il proprietario ci ha spiegato l’importanza che questi spazi hanno in Giappone, e ci ha anche regalato degli stickers dell’ ufficio.

6. Quante ore al giorno avete lavorato?

Al momento ci alterniamo con nostro figlio, la mattina se ne occupa Vincent e il pomeriggio io. Quando eravamo in Asia abbiamo imparato a fare più cose in meno tempo. Lavoriamo ogni tanto anche la sera, mantenendo esattamente lo stesso ritmo, con la differenza che prima andavamo in giro a fare i turisti e ora ci occupiamo del nostro Mini-BuzzTrotter.

7. E ora dove siete? Di cosa vi occupate?

Ora siamo in una città vicino Barcellona per 5 mesi, torneremo in Francia a Marzo. Volevamo partire di nuovo dopo il nostro viaggio in Asia, il desiderio era troppo forte e così questa volta abbiamo scelto un posto non tanto lontano, La Spagna. Vincent mi aveva parlato di questa nuova idea dell’ “house sitting” e del fatto che si potrebbe avere una fantastica casa all’estero senza pagare l’affitto, cosa che ci avrebbe permesso di prenderci cura di nostro figlio andando alla scoperta di una nuova città e l’idea mi ha molto entusiasmata. Il principio è molto semplice, siccome chi possiede due case, preferisce non lasciare la propria casa durante l’inverno incustodita, cerca qualcuno che se ne occupi durante il loro periodo di assenza; devo ammettere che è davvero una opportunità per i freelance “mobili”.

8. Lavorare come freelance all’estero vi ha portato a trovare nuovi clienti e nuove opportunità di lavoro o avevate già abbastanza clienti prima di partire?

In realtà Vincent lavora al suo sito web wherevent.com quindi non cerca nuovi clienti, mentre io sono editor in lingua francese e di conseguenza abbiamo realizzato un sito web il cui proprietario era francese, che ci ha gentilmente ospitati durante i giorni in cui abbiamo lavorato alla realizzazione. È stata una bella esperienza e un bell’incontro.

9. Quali sono state le sfide che avete dovuto fronteggiare? Come avete gestito gli eventuali ostacoli?

Le difficoltà che abbiamo incontrato, riguardano maggiormente cose materiali: tipo l’elettricità, che ogni tanto andava via, non c’erano prese eletteriche; in questi casi è meglio andare a fare una bella passeggiata, nonostante l’ira del momento. Abbiamo imparato ad essere produttivi e molto “zen” quando era necessario. Penso queste siano le qualità essenzialiper chi fa un lavoro come il nostro, anche adesso che torneremo in Francia. Ad ogni modo, siccome eravamo preparati abbiamo avuto veramente pochi eventi spiacevoli.

10. Cosa ha portato di “nuovo” questa esperienza nella tua vita professionale?

Come ho detto prima, ci ha insegnato ad essere più produttivi in minor tempo e ci siamo resi conto che uscire dalla propria “cornice” aiuta ad essere più creativi e a trovare nuove idee. E in aggiunta, ci siamo dovuti adattare alle condizioni non sempre molto semplici, fare una chiamata su Skype dal proprio letto quando in Francia erano le 5 del pomeriggio e in Asia l’ 1 di notte, lavorare accanto ad una piscina (Beh no… direi che questo è stato semplice!)

11. In conclusione, che consiglio daresti ad un futuro freelance nomade?

Semplicemente, parti! Ne vale davvero la pena e ci sono molti freelance nomadi che viaggiano per il mondo. Noi siamo andati lì due anni fa, ma vedo sempre molte più persone che sono attratte da questo tipo di esperienza e per di più viaggiare e lavorare secondo i propri ritmi, non è ancora più bello? Bisogna osare ed essere fisicamente preparati per iniziare una nuova avventura, ma bisogna partire già con un numero buono di clienti e non cercarli lungo il viaggio, perché è più difficile soprattutto se ci si sposta in continuazione.

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Segui le avventure di  Julie Beaudouin web editor e Vincent Hetru web developer dal sito wherevent.com e leggi i loro trucchi e consigli sul blog  Buzz Trotter  ed il loro Facebook e Twitter.

 

Anche tu, come Buzztrotter, continua a lavorare andando in giro per il mondo.

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