
Confidarsi in pubblico è come perdere l'anima. Qualcosa bisogna pur tenere per sé. Non si può disseminare tutto così.
Invece ecco che l'impresa di Anna Bikont e Joanna Szczesna è stata finalmente coronata dal successo. Non l'ho ancora letta, questa ponderosa biografia di oltre 400 pagine, che mi tenta fin dal titolo, in perfetta sintonia con la vita che l'ha ispirata: Cianfrusaglie del passato (Adelphi).
Però lo farò presto, tanto più che mi si dice che dentro non ci siano rivelazioni e pettegolezzi. Niente di sopra le righe, niente di piccante. Ma solo la vita di una persona che è sempre stata se stessa, anche una volta conquistata la fama: semplice e attenta alle gioie della vita.
Una donna che aveva una predilezione per i ninnoli - mi vengono in mente le buone cose di cattivo gusto di Guido Gozzano - per le cartoline postali, per le lotterie e i telequiz. Che non sopportava il Monopoli, ma si lasciava accompagnare dai film di Woody Allen e dalla voce di Ella Fitzgerald. Che fino all'ultimo non ha rinunciato alle chiacchiere con gli amici e ai bicchierini di vodka.
La vita di tutti, quella consueta, è fonte incessante di stupore.
Così affermava la grande Wislawa. Ed ecco perché in lei, più che in tanti altri, avverto il miracolo della vita che si fa poesia e della poesia che è vita. Perché cosa è la grandezza di Wislawa se non lo sguardo di meraviglia sulle cose dei nostri giorni?