
L'esempio di Benigni l'hanno vissuto tanti santi, persone comuni che hanno sentito e combattuto contro il dolore e la sofferenza, ma che poi hanno compreso che proprio dentro di essi vi era la gioia dell'amore, del dono di sé. Ci sono arrivati tanti bambini, tanti adolescenti, tanti giovani, tanti adulti. Neanche per loro è stato facile accettare il dolore, ma hanno saputo trasformarlo in un gesto d'amore, hanno compreso che non siamo in vita per soffrire, ma siamo chiamati ad una vita che non avrà mai fine. Questa terrena è solo di passaggio! Lo hanno capito e proprio per questo hanno amato la vita terrena. Hanno compreso che andava assaporata lentamente, anche nei momenti tragici che sono anch' essi di passaggio; santa Teresa d'Avile diceva: “Niente ti turbi, niente ti spaventi, solo Dio basta”. È in questo contesto che si colloca la frase del Vangelo di oggi: “chi non ama me sopra ogni persona e cosa, non è degno di me”... Bene, quando il discorso tratta di parenti o persone, può essere accettato anche da un egoista: in fondo l'egoista tranquillamente si distacca dalle persone... ma Gesù incalza: “Chi non odia la propria vita, non è degno di me... non può essere mio discepolo!”.
La chiamata del cristiano è esigente, bisogna staccarsi da tutto e da tutti... soprattutto da come intendiamo la vita, la nostra vita. Ma Gesù intende dare anche una strada da percorrere: è Lui la strada. Se si mette Gesù al primo posto, ecco che il cammino è ben impostato, anche un po' facilitato. Quando diamo importanza troppo a noi stessi, rischiamo di svalutarci, perdendo di vista il fatto che noi siamo eterni... che il nostro spirito è eterno: quando ci preoccupiamo di noi stessi, culliamo quella parte di noi stessi che subirà la corruzione.