Ci sono posti che sono tuoi. Non sai bene perché. Ci sono posti che una volta visitati non li lasci più e ci sono vite che non hanno un solo posto.
Vite che per esistere devono essere coltivate in più luoghi, che non stanno mai troppo bene solo da una parte, perché alcuni pezzi di queste vite esistono in altri luoghi.
É come non essere mai interi. Come se la vita fosse il movimento necessario per arrivare da un posto all’altro. “La vita è nel movimento” diceva Aristotele. Le vite in più luoghi fanno fatica a mettere radici e anche se le mettono sono sempre in bilico, sempre sulla linea sottile del confine. Può essere doloroso e stimolante allo stesso tempo.
[foto di Narelle Autio]
strazio di PaveseSe fai parte di più luoghi ti sembra di non poter mai decidere definitivamente dov’è casa e non sai dove la maturità ti coglierà perché ti sembrerà sempre di poter rimandare la decisione, di avere ancora tanto tempo per crescere.
O forse, il punto è che sei già troppo grande, hai visto già tanta vita, piena di visi, di voci, di sogni, di cassetti da aprire, di mazzi di chiavi, di “Eccomi, sono tornata” e “Ciao, alla prossima”. Tanti arrivi e troppe partenze. Nel mezzo il flusso della vita.
A volte la vorresti una piazzetta al centro del paese, dove incontrare volti noti, un rito da rispettare, a volte lo senti il profumo della campagna o del mare e ti manca e rivorresti i giorni dell’infanzia o quelli aspri dell’adolescenza. Eppure a volte, come uno schiaffo, ti resta solo da fare la strada dal lavoro a casa, l’odore del cemento intorno, lo smog in gola, e ti sembra l’unico posto per te e ti attacchi a quella realtà, all’asfalto caldo che calpesti.
Le vite in più luoghi hanno l’incertezza nell’anima, si nutrono di essa, perché il definitivo ne annullerebbe una parte. Questa incertezza sa essere ricchezza. I luoghi in cui esisti sono persone, immagini, colori, progetti. Rappresentano più mondi, più possibilità. Scambi e cambi continui.
Le vite in viaggio profumano di racconti, di novità. Sono scatole piene di occhi e nomi, di gente che ti attraversa per un attimo. Andare è crescere. E crescere può anche voler dire non fermarsi in luogo.
Ho più case. E quando devo dire “ok, ci vediamo a casa” mi resta sempre un po’ di amaro in bocca, perché per quanto sarà in una casa che ci vedremo, non sarà l’unica casa che ho. Una dualità, città-campagna, tanto cara ad uno dei più apprezzabili autori del ‘900, una dualità a cui possiamo dare altri titoli ma che resta fonte di tensione e aspirazione verso altro, qualcosa che ci avvicina al turbamento quanto alla crescita.