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Nel 1982 su "TV Sorrisi e canzoni" Patty Pravo dichiarava: I cerchi non sono altro che situazioni di vita che ritornano su se stessi, parlando appunto del suo nuovo album omonimo, Cerchi.
Questo lavoro della "regina" del Piper, uscito con grandi attese e tuttora non sufficientemente compreso o apprezzato dai più, rappresenta l'inizio della parabola ermetica e sperimentale di Nicoletta che a dire il vero non si è conclusa a tutt'oggi (un rigurgito commerciale e canzonettistico lo abbiamo avuto con la famosa E dimmi che non vuoi morire, il suo ormai divenuto storico evergreen di recente generazione)
L'attesa, dopo tre anni, di una nuova uscita sul mercato discografico era all'epoca qualcosa di sospirato. Va da sé che su Cerchi si erano riversate molte aspettative, soprattutto perché era uno di quei dischi incisi all'estero (in questo caso in America) ed era stato accompagnato dal gossip di una Pravo allontanatasi dall' Italia per ritrovare la salute dopo anni di stravizi. La qualità musicale e strumentale si avverte al primo ascolto, non siamo di fronte certo a "canzonette", come del resto non lo eravamo nel caso di Munich album (1979). La prima caratteristica palpabile di Cerchi (ora soltanto disponibile su e-bay o da collezionisti privati) è l'utilizzo delle parole in funzione ritmico-musicale. Non è cioè la musica che segue le parole, ma viceversa, per cui Patty utilizza spesso dei nonsense pronunciandoli anche in modo incomprensibile, per farli diventare puri suoni privi di significato che si devono miscelare con la musica strumentale. Complessivamente ci sono molte iterazioni e i testi hanno quello stile sciatto di un Vasco Rossi, spesso con doppi sensi. Ne abbiamo un esempio nel brano Let's go dove viene continuamente ripetuto con toni lascivi e voce impastata: Cosa vuoi da me tu vuoi?, Sì facciamo un "giro" vuoi?.
Ed è proprio in questo "giro" che c'è l'essenza di tutto il disco e che ci riporta al concetto di ripetizione e della rotondità del cerchio, ma anche un giro "aperto" che può essere un giro geografico, un giro sessuale, un "giro" di cocaina, un invito comunque alla libertà e alla trasgressione.
Molto belle anche le canzoni Harlem rocky e Je ne sais pas (dove emerge anche la sperimentazione delle lingue straniere e del francese, come del resto in quasi tutto il disco).
Musicalmente Cerchi non si fa mancare nulla e, preservando un impianto di matrice new-wave anni '80 con sonorità plastificate ad arte gioca con sperimentazioni rock, funk e reggae.
A chi vive nel mito della Patty Pravo di Ragazzo triste o de La bambola non potrà piacere questo disco. Piacerà a chi riesce a vivere positivamente i cambiamenti musicali di ogni artista e chi ha vissuto o ammirato gli eccessi (anche musicali) di fine anni '70, il punk, il progressive, le ostentazioni, il nichilismo che cerca una sua regola e un suo senso nella provocazione e nella trasgressione.
Qui di seguito un curioso filmato in cui Mike Bongiorno intervista la Patty all'uscita del disco trattandola come una bambina ingenua, cercando spasmodicamente il politically correct. Patty abbozza e provoca come sempre, lasciando come sempre l'amletico dubbio se ci fa o ci è. La canzone è Je ne sais pas.
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