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Sat, 22 Mar 2014 20:42:04 GMT
Sat, 22 Mar 2014 20:42:04 GMT
“Questo è il mio ultimo romanzo” (A. Moravia).
Alberto Moravia
Alberto Moravia si dedica alla stesura de La vita interiore, pubblicato nel 1978, per ben sette anni. Diviso in tre parti (“La casa di appuntamenti“, “Gli anni criminali” e “Il gruppo e l’orgia“) si presenta come un’incalzante intervista, un discorso a due tra la protagonista e l’autore.
Questa storia atemporale, ci viene raccontata da Desideria. A dominare le sue azioni è una voce interiore che le dice cosa fare e la interroga, la induce alla riflessione e la sprona ad agire per tutto il tempo della lunga intervista. Il suo stile, che abbraccia una vastissima diversità di forme narrative, appare ora oggettivo, freddo e lucido. Desideria vive in una famiglia ricca, presso il quartiere romano Parioli, con una madre ostile alla quale sente sin da piccola di non appartenere. Desideria è una bambina grassa e come tale, subisce umiliazioni di ogni tipo da chi dovrebbe, invece, garantirle protezione. Assiste agli incontri consumati dalla madre nella loro abitazione, osserva, si pone delle domande, tace. Non vive certamente bene la sua condizione di bambina grassa,(ogni avvenimento le tornerà poi alla mente come qualcosa di irrisolto, un momento incompiuto, in cui non potendo reagire, non le restava altro che covare). La madre adottiva, Viola, non perde occasione per ricordarle quanto sia sbagliata, diversa da lei, lontana dai suoi canoni di figlia perfetta; allo stesso tempo nutre uno strano amore materno. Desideria non vuole sentirsi un peso, sa di non meritarlo, di non avere colpe, eppure non puo’ difendersi, o almeno non da subito. Come in un continuo infinito flashback abbiamo modo di penetrare nella sua infanzia, quasi di assistere agli episodi di cui fu protagonista. <<Risparmierò, metterò da parte e quando mi sembrerà di avere una somma sufficiente, andrò dalla signora che adesso chiamo mamma e le dirò: quanto hai speso finora per me? Tanto? Bhe, ecco i soldi che hai speso, né più né meno. Adesso siamo pari, non ti debbo più nulla. Ti ringrazio di tutto e ti dico addio. Ma quando credi che potrai fare la puttana? Penso che prima passerò l’esame di maturità e poi prenderà una decisione.” “Ma le puttane devono essere belle. Tu, secondo me, sei troppo grassa per fare la puttana>>. In questo modo, si confessa. Il male di cui ci parla è indelebile. Desideria rivede sempre Viola e tutto ciò che rappresenta. Paragonata a Giovanna D’Arco, Desideria fa un voto di castità, promettendo di salvare la sua verginità fino al giorno in cui sarebbe sparita la Voce dalla sua testa . Ad un certo punto cambia, per volere suo, per volere della Voce, si trasforma non solo fisicamente e comincia, così, la sua Rivoluzione. La voce stessa è la rivoluzione. La madre finisce per essere attratta dal nuovo aspetto assunto dalla figlia, come se non esistessero più limiti e freni nella condotta di vita di questi borghesi senza scrupoli e Desideria non fa altro che dissacrare ad uno ad uno quei valori inesistenti ed effimeri che le famiglie borghesi del tempo avevano fatto propri. Condanna la morale di cui erano, nonostante tutto, vittime, poiché vista come un ostacolo ed un impedimento e la denuncia che ne fa di quel mondo è davvero spietata. Durante questi nuovi giorni di rinascita, cerca l’appoggio di altri ”compagni d’avventura”, li trova; si innamora di Giorgio, lo studia, ma poi se ne separa. Riportiamo un dialogo tra Desideria e Giorgio che sottolinea l’audacia dello scrittore: <<Il tuo segreto è che, dopotutto, anche tu hai una coscienza, magari sepolta sotto un monte di merda, e questa coscienza consiste nel fatto che sai di essere corrotto fino al midollo e siccome lo sai desideri morire, non esistere più, tornare ad essere quello che eri prima di nascere, vale a dire un feto, un embrione, nulla. E sai come me ne sono accorta? Me ne sono accorta dal modo con il quale quel giorno hai fatto l’amore orale. Mentre stavo supina, con le gambe spalancate e tu inginocchiato davanti a me mi baciavi il sesso, ho sentito con precisione che non cercavi il tuo piacere, ma volevi semplicemente morire, sì, morire dentro il mio ventre che per te, in quel momento, era il ventre di tua madre, cioè rifare a ritroso il cammino che avevi già fatto venendo al mondo, acciambellarti dentro di me, come il feto, con le braccia conserte e gli occhi chiusi, e poi regredire indietro indietro, tornare ad essere un embrione, un grumo di vita, un nulla>>. In seguito alle esperienze più estreme vissute in nome di ciò che le dettava la Voce, arriverà, in fine, a pianificare il sequestro della madre e ad uccidere sia il suo amante, Tiberi, che un altro dei protagonisti, Quinto. Come se, in fondo, tutte le lotte portate avanti avessero solo condotto al nulla. Il romanzo resta come inconcluso, “sospeso”. In realtà, questa contrapposizione tra mondo popolare e borghese non è così netta : Tutti i personaggi di cui ci parla sono caratterizzati da una stessa “atonia spirituale”, sono come fermi, congelati nel loro ruolo, all’ossessiva ricerca di sesso e denaro. I rapporti umani sono spinti da questi due motori, nulla è autentico. Ad interessare l’autore sono gli atteggiamenti psicologici dei suoi personaggi. Moravia resta, in questo senso, un pessimista che prende coscienza della realtà e l’analizza servendosi di nuovi strumenti come la psicoanalisi e le scienze sociologiche. E così facendo, non fa altro che descriverci la società sessantottina e fornircene un disegno. Considerato da alcuni critici scandaloso e addirittura “privo di contenuto”, resta sicuramente uno dei romanzi più letti dello scrittore, che parrebbe non aver mai abbandonato le idee su cui si è poggiato il suo più grande romanzo: “Gli Indifferenti” , proprio come se non avesse mai finito di scriverlo. Di Anna Vitiello.