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È vero, oltre la morte, c'è un'altra vita e i legami di affetto non si spezzano con la morte, anzi, si solidificano e spronano alla conversione. È un racconto molto personale, ma nel mio cuore è accaduto la stessa cosa che è avvenuta in quello della Maddalena quando si è vista davanti a sé Gesù risorto. È una gioia incontenibile, la gioia di chi ha trovato la risoluzione di una dramma che, a tutta prima sembra quello più insoluto: la morte.
Nella vita si passano momenti davvero difficili, pure nel rapporto con noi stessi. Ci sembra di aver compiuto parecchi passi avanti, o almeno, siamo sicuri di aver messo tutta la nostra buona volontà per superare un determinato difetto ed invece il Signore ci lascia camminare da soli e, puntualmente, se poggiamo sulle nostre deboli forze, ecco che caschiamo miseramente al suolo. Miseramente, guardiamo le nostre ferite che sanguinano, senza avere il medicamento adatto e non riusciamo più ad alzarci perché abbiamo consumato tutte le nostre forze precedentemente. È vero che una bella frase afferma: “non guardare dove sei caduto, ma dove sei scivolato”, ma, poi, nella realtà rimane abbastanza difficile, per vari motivi: il nostro orgoglio, la nostra debolezza... Tutti noi, forse, almeno una volta nella vita, abbiamo sperimentato questo: l'avercela messa tutta ed essere ritornati al punto di partenza... E abbiamo vari esempi pure da chi nella vita ha “giocato” bene e seriamente e, dopo la sua morte, si è avviata la causa di beatificazione. Facciamo un esempio: Benedetta Bianchi Porro. Mi direte cosa c'entra con la premessa che ho fatto... C'entra, c'entra, eccome! Ebbene, Benedetta sembra aver accettato la sua gravissima malattia, neurofibromatosi, che piano piano la inchioda alla croce, immobilizzandola. Non è assolutamente facile perché si troverà sorda, cieca, paralizzata completamente, ma forse dai santi ci aspetteremmo che accettino tutto subito, che vadano solo avanti... o almeno che non guardino appunto dove sono caduti. La croce della malattia per Benedetta diventa pesante perché ad essa si affiancano numerose croci spirituali, tra cui la solitudine. La malattia le tocca il cuore, la sua vita spirituale. Benedetta crede fondamentalmente all'amicizia, quella vera ed è alle sue amiche che svela il suo cuore. In questo periodo molto difficile per Benedetta, un'amica, le manda una lettera che spesso ho citato: “La vera croce è quando non abbiamo più nulla di nostro, niente, nemmeno quel briciolo di generosità che ci farebbe ricchi di qualche cosa..., neanche un po' di forza per confidare in essa; la croce è quando siamo spogli di tutto, e siamo davvero noi stessi, poveri, poverissimi, con le mani vuote, con tante tentazioni dentro. La croce serve a farci vedere qual è la vera e unica sorgente di sicurezza e di pace: e la nostra pace diventa vera perché è fondata su di Lui” È una riflessione veramente profonda e vera. La croce della malattia non sarebbe tale se non coinvolgerebbe pure il nostro spirito. Anche Gesù, infatti, sulla croce, si sentì abbandonato dal Padre: il suo dolore era parimenti spirituale. Certamente, Lui ha vissuto in modo perfetto la sofferenza rispetto anche ai santi che hanno dovuto faticare per conquistare la vetta. È pur vero che dopo la croce c'è sempre la resurrezione, ed è questa la speranza più grande che ci ha insegnato Gesù. Seppur abbiamo contemplato le nostre ferite, non temiamo: ad ogni fallimento c'è la Resurrezione! Difficile crederlo, quando si soffre intensamente.
Ho raccontato questo per voler arrivare al dunque, al principio di questo post: la vita oltre la morte, esiste davvero! Ho sperimentato questo: la fatica del camminare e la delusione di ruzzolare miseramente indietro, al punto di partenza... di aver invano faticato, di vedere le potenze del male ergersi infuriate e travolgere la mia vita. Un po' come avvenne a Giobbe, ma è raccontato anche in una rivelazione personale sentita su Radio Maria, mi pare: satana domanda il permesso di vagliare Giobbe; nella rivelazione personale, chiede il permesso di vagliare la Chiesa stessa, di farla tremare fin nelle fondamenta, e Dio... glielo dà. Tristezza infinita, si potrebbe affermare, in effetti: sembra che Dio abbandoni le anime a Lui care in balia di satana. “Fa' pure!” Mamma mia! Fa' pure vuol dire che Dio lascia totalmente il potere a satana e, di conseguenza, l'anima sentirà l'abbandono di Dio. Pure la Chiesa lo ha sentito: travolta dall'ateismo dirompente, viene naturale domandarsi che cosa ne sarà di essa! Si ritorna quindi alla lettera ricevuta da Benedetta: la vera croce è quando non si ha neppure la forza per lottare... ma lo scopo di tale “abbandono” di Dio rimane quello con cui si conclude la riflessione della Romolotti: l'unica sorgente di sicurezza è Lui! Ecco il punto a cui ci vuole far giungere Dio lasciandoci in balia di satana, perché così è. Pure con Giobbe, sebbene lo veda immerso nella sofferenza, non interviene... nemmeno quando lo vede capitolare, le forze interiori abbandonarlo. Lascia fare, così come lascerà fare con il Figlio stesso. Gli fa vivere la passione fino in fondo, fino alla morte. Ma il bello è che poi c'è sempre la Resurrezione! Dopo il terremoto sopravvenuto alla morte di Gesù che terrorizza tutti, ecco il terremoto della Resurrezione che sposta la pietra che chiude il sepolcro. Ebbene, in questo momento di difficoltà, di notte mi ritrovo nella casa di Genova insieme con mamma e papà. Papà predilige apparire dove è vissuto. Lui è vestito come quando andava a lavorare e come lo è nella foto sulla tomba. Mi guarda intensamente e sento una voce che racconta ciò che ha preceduto il matrimonio dei miei genitori, una cosa che ignoravo totalmente: io sapevo che la famiglia di mamma aveva accolto mio papà con affetto e senza remore, cosa vera, ma non del tutto. Mi avevano raccontato parzialmente gli avvenimenti per non “insudiciare” ai miei occhi la memoria del nonno materno morto di una malattia atroce a soli 47 anni... Che io, poi, non ho nemmeno conosciuto. Nel sogno la figura di mio nonno era completamente differente: mi è stato raccontato da papà che picchiava mia mamma ed era molto severo e che nonostante questo, si erano sposati ugualmente e che grazie a queste prove, il loro matrimonio era veramente convinto... Convinto, ecco il termine usato. Non era precisamente la voce di mio padre che raccontava questo, era una voce che sentivo e parlava al mio cuore mentre lui mi guardava. Poi è uscito in giardino ed io l'ho seguito. Ha svoltato l'angolo del giardino andando dalla parte del palazzo che dà sulla mia parrocchia, si è voltato prima verso di me, poi verso la chiesa, ha fatto un piccolo inchino ed è scomparso, come passando attraverso una porta invisibile. Pensavo fossi io ad aver avuto le allucinazioni, perché le cose risultavano assai diverse da come le aveva raccontate papà in sogno. Ho chiamato mia mamma e le ho raccontato del sogno e di ciò che aveva detto di suo papà, cioè di mio nonno. Le ho domandato se era vero. Mi avevano sempre riferito che lo avevano accettato! Lei mi ha spiegato che entrambe le versioni erano vere: nonno aveva accettato mio papà, ma non desiderava che lei uscisse da sola con lui e che era vero che nonno picchiava mamma (aveva 15 anni circa) quando tornava dalle passeggiate... ed è anche vero che mio padre dichiarò al futuro suocero che aveva intenzioni serie ma che doveva dargli l'opportunità di conoscere mamma. Cose che ignoravo assolutamente! La mia sorpresa a tal racconto, è stata grande! Era quindi proprio lui, mio papà. Io non conoscevo le cose che lui mi ha raccontato. È stato un po' come vivere la gioia della Maddalena quando ha visto Gesù. È davvero un avvenimento meraviglioso! Toccare con mano che la vita oltre la morte c'è davvero e che i legami non si spezzano ma si rinsaldano ancor di più. Mio papà mi ha consolato e nello stesso tempo “ammonito”, scosso. È meraviglioso!!! Ho riportato questo fatto personale, perché penso possa fare del bene a tanti altri, che dia forza a chi ha perso i propri cari. Non esisterebbero le anime se non esistesse Dio e quindi è una prova dell'esistenza di Dio anche questa.
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