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La vittoria come imperativo: un mental coach per le cortesine
Creato il 08 gennaio 2011 da MariellacarusoSi chiama Alessandro Mora, è un mental coach esperto in programmazione neuro linguistica o Pnl (ammetto che con tutta la buona volontà e qualche ricerca sul web non ho ben capito né che cosa sia esattamente, né se si tratti di una scienza riconosciuta) ed è tra i fondatori di una società di coaching sportivo. E' scritto nel sito di Mora che è (o è stato vista la data) mental coach della squadra italiana di Danza Sportiva Campione Mondiale Showdance 2006. Sarà lui, con ogni probabilità (l'accordo c'è già, manca solo la firma sul contratto), a cercare di tirare fuori le ragazze della Mc-Carnaghi Villa Cortese dell'A1 femminile di pallavolo dalle 'paludi mentali' nelle quali si sarebbero impantanate. Certo ci sono anche i guai fisici: Berg, Aguero, Calloni ma anche Cardullo e Anzanello non in perfette condizioni... e per loro è in arrivo anche un altro fisioterapista.
Ma tre sconfitte consecutive (l'accordo con il mental coach è però antecedente all'ultima maturata in Champions League), il primo trofeo di stagione che ha preso la direzione di Pesaro, la stessa dello scudetto dello scorso campionato, hanno messo in allarme i dirigenti di una squadra costruita per vincere. Ed ecco arrivare il mental coach lì dove forse servirebbe un po' di pressione in meno. Sul sito di quello prescelto si legge: "Ti aiutiamo a raggiungere i tuoi obiettivi in modo VELOCE, EFFICACE e DURATURO". In un'altra pagina per un lungo articolo dal titolo 'Chi si prende la responsabilità di vincere? Un mental coach per l'atteggiamento' viene usato uno spezzone di un discorso di Julio Velasco (che faceva da solo il coach e il motivatore: ricordate gli occhi di tigre?) sugli schiacciatori che devono risolvere la schiacciata senza lamentarsi delle alzate.
Personalmente non credo molto nei motivatori che, al contrario, sembrano molto di moda... anche se qualcuno li rifiuta (leggasi i giocatori della Lazio poco meno di un anno fa) e qualcun altro li pretende. Sono del parere che motivatori, e ancora di più psicologi sportivi (nel calcio giovanile la presenza di uno psicologo nello staff societario è obbligatoria), sono utili quando il loro ruolo è quello di aiutare a crescere, a concentrarsi, a non soccombere alla paura di vincere, tecnicamente ‘nikefobia’ dalla parola greca nike che significa vittoria. Ma gli stessi dovrebbero, soprattutto, trasmettere un concetto molto più importante: l’umanità dei sentimenti, la non perfezione della razza umana, il saper perdere e la forza di rialzarsi e continuare. Perché nello sport è fondamentale ricordarsi che ci si mette in gioco contro avversari che hanno la stessa voglia di vincere.
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