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La vocazione del nostro paese è una vocazione servile, nel bene e nel male. Non è solo una vocazione ignobile, può anche essere di segno contrario. Noi abbiamo servito tutti i popoli della terra. Greci, bizantini, barbari, francesi, spagnoli, inglesi, ...

Creato il 12 ottobre 2015 da Paolo Ferrario @PFerrario

GARBOLI CESARE (critico letterario e d’arte, traduttore di Molière e Shakespeare), RICORDI TRISTI E CIVILI,

EINAUDI, , 2001, p. 72-73


La vocazione del nostro paese è una vocazione servile, nel bene e nel male. Non è solo una vocazione ignobile, può anche essere di segno contrario. Noi abbiamo servito tutti i popoli della terra. Greci, bizantini, barbari, francesi, spagnoli, inglesi, austriaci, persino russi e infine i piemontesi.
Credo che sarebbe interessante decifrare che cosa c’è di unitario e di profondamente culturale in questa vocazione.

FIORI Perché, c’è una nobiltà nell’essere servi?

GARBOLI II servilismo può avere due facce. Agisce in esso un conflitto drammatico tra nobile e ignobile. Anche qui vorrei ricorrere a una metafora. Il fondatore del nostro paese è un eroe che aspetta ancora di essere scoperto. Si chiama Enea. E l’anello di congiunzione tra l’antichità e il medioevo. Ha fondato la sede dell’Impero e del Papato ed è noto che lo spirito unitario dell’italiano è dato molto di più dall’appartenenza alla Chiesa che non dall’appartenenza allo Stato.

FIORI Ma che c’entra Enea?

GARBOLI Enea è il nostro archetipo nazionale: noi ne siamo la parodia, la caricatura degradata. Mi segua con attenzione. Esistono due grandi testi in cui si iscrive il mito di Enea, a parte l’Iliade: l’Eneide e quella specie di Eneide rivisitata che è la Divina Commedia. Enea è il personaggio straniero, il primo étranger di tutte le letterature. Un étranger da cui discendono innumerevoli vizi derivati e torici del carattere degli italiani. E un eroe passivo, che fonda un impero quasi a malincuore perché la storia è già scritta e tutto è già avvenuto con la distruzione e l’incendio di Troia. Nulla lo commuove e tutto lo commuove. Scetticismo, cinismo, religione, pietà: uesto è il carattere di Enea e questa è l’antichità congenita al carattere degli italiani e alla loro letteratura. L’italiano colto si comporta come se tutto fosse già avvenuto.

FIORI Lei vuole dire che per gli italiani la storia rimane ferma, immobile?

GARBOLI Sta ferma perché il passato riempie il presente e questa eterna ripetizione è sentita in termini provvidenziali, cioè servili. C’è anche un aspetto sublime nel servilismo, congeniale a un popolo eternamente invaso da eserciti stranieri. E questo aspetto su-
blime è la pietas, la religione di Enea. Figli di Enea, ci sentiamo depositar di un messaggio universale ed ecumenico, superiore ai conflitti e alle lacerazioni tra popoli e Stati.


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