Di tutte le voci di cui
il carcere è pieno, il rumore mattutino della battitura, le grida
perenni dalla sezione, i canti stonati e il suono della stessa
musica, ancora non riesco a sostenere il momento dei saluti dopo
un'ora di colloquio dei familiari.
Ho ascoltato il grido
straziante di un bambino: io voglio a papà.
Un bambino piccolo, di
tra anni circa, io voglio a mio papà.
La mia mente non riesce a
contenere l'angoscia di un bambino che grida io voglio a papà, come
la paura della fine della vita, il dolore dell'abbandono definitivo.
Il suo grido mi ritorna
sempre: io voglio a papà.