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La voglia matta di giocare di BergaMauro. Magari fino al 2015…

Creato il 20 dicembre 2011 da Ilgrillotalpa @IlGrillotalpa

La voglia matta di giocare di BergaMauro. Magari fino al 2015…Guido Alessandrini, per Tuttosport

E’ tornato. Dopo otto stagioni a Parigi, versante Stade Francais (compresi due scudetti) Mauro Bergamasco gioca di nuovo in Italia, versante Aironi. Una rivoluzione doppia: il suo rientro coincide con il cambio di timoniere al vertice della nazionale. Situazione intrigante e
probabilmente non facile, per un giocatore che in terza linea è diventato un’istituzione ma ha anche doppiato il capo dei 32 anni. Non pochissimi, in uno sport duro come il rugby. Tanto per dire: il guerriero porta bene incisi nel proprio corpo i segni di tante battaglie, a cominciare da quel mignolo della mano sinistra piegato a uncino…
FRESCHEZZA «L’elenco non è facile nemmeno per me. Dunque: tre fratture al naso, sei o sette fra zigomi e fronte, forse ancora di più alle gambe comprese – direi – cinque al piede. Poi le mani. E due operazioni alla spalla. Sono i rischi del mestiere. Ma qualche volta aiutano, anziché fare soltanto danni». Mauro scalpita, scuote la criniera e manda lampi dagli occhi. Ha appena ricevuto il via libera per giocare. Si capisce che non vede l’ora, malgrado i problemi della sua nuova squadra: «E’ un capitolo nuovo e stavolta l’affronto con freschezza, nel senso che quest’anno gli infortuni mi hanno costretto a giocare poco e io ne ho una gran voglia. Cercherò di trasmettere questa freschezza, questa voglia, ai giovani che sono comprensibilmente avviliti dalle sconfitte incassate in Celtic League».
PASSAGGI Ricapitoliamo: ha iniziato nella sua Padova, ha proseguito a Treviso, ha compiuto il grande salto verso Parigi e ora è di nuovo qui. Potrebbe scrivere un romanzo.
«Treviso – anno 2000 – era l’uscita da casa mia ero anche il primo padovano a giocare nella Marca. Una novità. Era la dimostrazione che valevo, ma anche la necessità di crescere fisicamente, tecnicamente, mentalmente. In Francia mi si è aperto un mondo nuovo. A parte la lingua da imparare, era un’altra dimensione. Nel primo allenamento ho ricevuto quattro pallonate in faccia: non erano dispetti ma normali passaggi, però a una velocità che non conoscevo. Lì ho scoperto il senso della squadra, del gruppo. C’erano campioni straordinari ma nessuna star. Ho capito che lavorare, faticare, sudare insieme agli altri per uno stesso obbiettivo creava qualcosa di speciale. Senza riti, senza routine. In quegli anni sapevo che in caso di necessità, gli altri “c’erano”. Bastava uno sguardo per intendersi».
IL CAMPO «A fine aprile ho capito che non mi avrebbero confermato. A quel punto della stagione non è facile trovare alternative. Si sono fatti avanti gli Aironi e ho accettato. Ma un giudizio sul momento difficile non posso ancora darlo. Gli allenamenti non bastano. Soltanto da dentro. in partita, nel pieno del gioco, si può mettere davvero a fuoco la situazione. Va bene anche il fatto che le prossime due partite siano due derby con Treviso. Vuol dire che il clima sarà ancora più coinvolgente».
GIOVANI In questi giorni BergaMauro ha anche verificato la mano di Brunel e la presenza di tanti ventenni in azzurro. Che ne pensa? «Ne penso tante cose. La prima è che è un buon segnale, a patto che restino svegli, capiscano da che parte va il treno e siano pronti a prenderlo al volo. Divertendosi. L’altro aspetto riguarda i giovani in senso più ampio. Nel campus estivo che ho organizzato fra giugno e luglio ho lavorato con i più piccoli. Ho scoperto che a 12 anni non sanno fare una capriola, che hanno paura a rovesciarsi sul pallone gigante e che la loro schiena – che a quell’età dovrebbe essere di gomma – in pratica è rigida come una tavola. Pessimo segnale. Svela la totale assenza di educazione del fisico dei bambini italiani».
PROSPETTIVE A 32 anni ha già tracciato il piano del suo futuro? «Parto da un episodio che risale al 2007. A fine campionato, uno strano speaker francese annuncia la mia presenza spiegando che probabilmente avrei giocato la mia ultima Coppa del mondo. La frase non mi è piaciuta. E io ho giocato quella Coppa e anche la successiva. Mettiamola così: quest’anno ci sono, poi deciderò stagione dopo stagione, valutando le mie condizioni e la voglia di proseguire. E soprattutto se mi diverto ancora. In mente ho di arrivare alla Coppa del 2015 e poi salutare tutti quanti»


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