di Iannozzi Giuseppe
La zingara che gl’aveva letto la mano non era stata né affabile né positiva: “Per te, nessuna fortuna.” L’uomo adesso si guardava la mano: stringeva un guanto bianco, e si domandava dove fosse lei, la sua amata. L’immaginava a gambe aperte, a ridere e ad orgasmare insieme a qualche sconosciuto. Faceva bene, lei: la vita, se la godeva. Mica come lui! Lasciò cadere a terra il guanto: avrebbe trovato un postribolo e un cuore dove riposare la mano.
Quel giorno non ci fu alcun duello: solo un morto d’infarto sul corpo d’una pollastrella pagata per una notte di bianca sfortuna.
Fu sepolto insieme a decine di paia di bianchi guanti. Ma la vedova vestiva in nero un’allegria di vergini mutandine.