La televisione su Youtube. Quante volte abbiamo sentito prospettare questo scenario da più o meno sedicenti esperti di media e comunicazione, per poi rimanere inevitabilmente delusi da tanti annunci andati a vuoto? Eppure pare che, dopo anni di proclami, ora qualcosa si muova davvero: a farlo è il canale forse più “staccato” dalle logiche tradizionaliste e stantìe del piccolo schermo, quel La7 che ha deciso, grazie ad un accordo di partnership con il portale di condivisione di video più famoso del mondo, di trasferire man mano una selezione della sua programmazione quotidiana proprio su Youtube, parte in real time e parte in differita.
L’operazione di restyling parte lunedì 30 agosto con la diretta del TgLa7 delle 20 trasmesso in live streaming sul canale dell’emittente (un piccolo record: sarà il primo telegiornale europeo trasmesso in diretta su Youtube), ma ci sarà spazio anche per i programmi di maggior successo delle stagioni passate: dalla rubrica di approfondimento Otto e Mezzo al talk-show L’Infedele, dalle “Invasioni Barbariche” di Daria Bignardi alle interviste strampalate di Victor Victoria, la nuova idea della tv di proprietà di Telecom Italia accantona qualsiasi velleità di autarchia e decide – con lungimiranza – il grande salto nella rete dopo i fallimenti del passato (leggasi Rosso Alice e Yalp).
Per controllare la genuinità e la fonte dei contenuti ospitati sul canale, e per evitare la diffusione di copie non autorizzate dei filmati, il terzo polo televisivo italiano si avvarrà del sistema di identificazione dei contenuti Content ID, un software automatico che permette di confrontare i video caricati dagli utenti con quelli forniti dai titolari dei diritti di riproduzione, per eliminare eventuali repliche (riconoscibili anche se registrate tramite videocamera o videofonino) non riconducibili al detentore del copyright.
Cosa ci guadagna La7?
La7 dichiara 17 milioni di visite sul suo sito dal 2005 ad oggi, una cifra discreta ma non spropositata se messa a confronto con un singolo videoclip musicale (che nemmeno troppo raramente macina risultati ben più lusinghieri, anche se il paragone è impietoso e francamente ingiusto per le evidenti differenze tra le due tipologie di contenuti): eppure sempre meglio di niente, considerato che il sito ufficiale dell’emittente è per ovvi motivi privo di qualsiasi tipo di annunci pubblicitari, se si escludono quelli relativi ai programmi della stessa La7.
In secondo luogo, un risparmio in termini di infrastrutture e “manutenzione”. Condividendo i suoi prodotti su Youtube, infatti, l’onere di mantenerli attivi e funzionanti (volgarmente: di garantire il massimo uptime possibile) slitta dall’emittente a Google, con La7 che d’ora in poi si dovrà preoccupare soltanto di aggiornare costantemente il canale limitandosi a denominare e etichettare correttamente i filmati caricati sul portale di videosharing – e magari di renderli disponibili il prima possibile, idealmente subito dopo la messa in onda.
Terzo, un aumento di visibilità. Chi lo dice che i contenuti non possano essere replicati ma debbano essere necessariamente collocati in uno e un sol luogo del web? Non è forse lo stesso web il posto più all’avanguardia nella diffusione e ricondivisione dei contenuti? Parliamoci chiaramente: quanti utenti medi, dovendo/volendo guardare un video relativo ad un programma La7 su Internet, penserebbero a cercare sul sito ufficiale anziché sperare di trovare lo spezzone desiderato tramite una veloce ricerca su Youtube? Un elemento collocato al centro di un sito tra i più visitati di tutta la rete, per quanto affollato e sovrastato da miliardi di suoi simili, avrà probabilmente più opportunità di essere notato rispetto ad un elemento analogo posto nella “periferia sociale” del web.
Quarto, ma non meno importante, un aumento di diffusione dovuto alle potenzialità offerte dal codice embed di Youtube. Non è da sottovalutare l’aspetto sociale della questione: spesso, troppo spesso, i video caricati sui siti ufficiali delle aziende sono visualizzati tramite player proprietari realizzati ad hoc che solo in rarissimi casi mettono a disposizione dell’utente qualche opzione di ricondivisione davvero open minded, se si escludono i classici pulsanti di condivisione del link al video sui tre-quattro social network più importanti (Facebook, Twitter e poco altro).
Il codice embed di Youtube, invece, consente a ciascuno l’esportazione del contenuto su qualsiasi spazio web, per altro con un livello di personalizzazione e adattamento (dimensioni, risoluzione, colori del player, inclusione di video correlati etc..) decisamente più elevato. Con un patto implicito del tipo win-win tra produttore e diffusore di contenuti, infatti, è gratificato sia l’utente – che potrà disporre di un video di qualità da commentare o da usare per arricchire il proprio blog, ad esempio – che l’emittente, che vedrà un aumento della visibilità di quel determinato elemento multimediale a costo zero e con il minimo sforzo.