Un dialogo rimbalzato – ma che, soprattutto, riecheggia della mente dell’io narrante – caratterizza “Universi paralleli” di Angelo Grimaldi. Un continuo rimando che porterà, poi, alla scoperta finale. Non è un caso se il protagonista si chiama Angelo, come l’autore, e il racconto diventa quasi meta-racconto, affacciandosi alla realtà in un gioco di specchi fra chi scrive, chi è scritto e chi legge.
La storia si svolge in una Torino disabitata, in un sabato sera nevoso, colmo di “urlati silenzi di coppia” e solitudine estrema. Accade qualcosa, il tempo torna indietro, il passato diventa presente, offrendo una seconda possibilità al protagonista, il trillo del campanello fa riavvolgere il nastro del destino come in un loop infinito.
Di là da una timidezza che sconfigge, un desiderio si coagula, s’incarna, muore e rinasce allo stesso tempo. Lo scambio di battute si alterna a riflessioni, a pensieri spezzati, a osservazioni che evocano solitudini e insicurezze, in un gioco immaginativo che, soltanto alla fine, scopriamo poter avere la connotazione del sogno. Le immagini si arricchiscono man mano di particolari, rendendo labile il confine tra desiderio, anticipazione e verosimiglianza.
Patrizia Poli e Ida Verrei
Per leggere il racconto
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