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Laboratorio di Narrativa: Anonimo

Creato il 21 settembre 2011 da Patrizia Poli @tartina

 

Forse nasce dal senso di colpa, “La leggenda della rosa rossa” dell’anonimo bitto79, fiaba che dissolve il modello proppiano nel finale tragico. Una fiaba non a lieto fine, un doppio incantesimo, due personaggi decisamente sfortunati. Un principe triste, innamorato ma non troppo, e una rosa-principessa che sboccia all’improvviso, ma che scompare poi in fondo ad un pozzo, dove resterà per sempre, giacché il suo eroe-antieroe, non sceglierà di affrontare i pericoli per salvarla dal maleficio.

Chi non ama abbastanza da sacrificarsi, da calarsi nel “pozzo”, da mettersi in gioco completamente, scendendo sotto la superficie, fa sì che il giardino - ovvia metafora del sentimento - secchi e ammuffisca. Alla fine il protagonista sarà dannato all’aridità eterna, alla solitudine, a vivere in un deserto di macerie dove non riuscirà più ad amare ed essere amato.

Forse all’interno della storia si celano simbolismi, forse la vigliaccheria del protagonista vuole rispecchiare l’eterno egoismo maschile, forse la rosa-principessa, per sempre prigioniera del suo pozzo, è la donna che incontra l’illusione e che intristisce in una solitudine soffocante, forse…  Ma la fiaba, così come è costruita, non ci dà particolari spunti di riflessione.

Patrizia Poli e Ida Verrei

La leggenda della rosa rossa

C’era una volta, in un regno lontano, un giovane principe, bello di aspetto ma soprattutto nobile d’animo.
Governava il suo regno con amorevole autorevolezza e con indomito coraggio. Proteggeva i suoi sudditi, favorendo loro benessere e prosperità.
Un dì girovagando per le sue terre, immense e inesplorate, scoprì un giardino.
Aprì i suoi cancelli, vi entrò e notò subito una sconfinata desolazione.
Il terreno era arido, incolto e secco. Nell’aria si diffondeva una accennata,quasi impercettibile,essenza di rosa rossa.
Addentrandosi in quella landa desolata, scorse un pozzo. Un piccolo fontanile in marmo bianco con inciso in caratteri gotici un nome, Vittoria.
Vi si accostò e notò che dal terreno confinante col fontanile, da un piccolo e rinsecchito roseto un piccolo bocciolo di rosa rossa come fragola cercava di farsi strada tra rovi e sterpaglie.
Il principe colpito da tanta vitalità si sedette sopra un sasso casualmente posto davanti a quella rosa e si mise a sussurrargli dolci parole. Parole d’amore e di conforto.
Giorno dopo giorno, la rosa, grazie alle cure amorevoli del principe si rinnovava di continua vitalità.
I suoi colori divennero sgargianti, quasi accecanti e i suoi profumi odoravano di un’inebriante fragranza. Si rinvigoriva al solo suono della sua affabile voce.
Un dì come di consueto, il principe si recò nel giardino per prendersi cura della sua rosa rossa e spalancando i suoi cancelli quasi non credete ai suoi occhi.
Il giardino si era come ridestato da un sonno lungo un secolo.
Tutto era verde, un manto di fiori variopinti di ogni specie e di ogni forma facevano capolino tra lunghi fili d’erba.
Gli alberi, carichi di frutti e fiori, sembravano chinarsi in segno di gratitudine al suo passaggio, spostando le loro chiome in segno di riconoscenza. Fringuelli, passerotti e altre specie cinguettavano allegre melodie. Coccinelle e farfalle distese lungo ciuffi d’erba, si godevano l’aria frizzantina di metà mattina. Il principe corse subito al fontanile e con suo grande rammarico scoprì che la rosa non c’era più, triste e arrabbiato gridò con tutta la voce che aveva in gola: “perché?”
Un folletto impietosito da tanto dolore gli si avvicinò e gli disse: “Mio principe, la rosa che vai cercando e che tu con il tuo amore le hai ridonato la voglia di vivere, non è altro che una principessa, la principessa dei boschi.
Grazie alle tue attenzioni, alle tue dolci parole e alle tue cure, ha ripreso le sue vere sembianze, ma ora giace in fondo al pozzo, solo se riuscirai a tirarla fuori, sconfiggendo le insidie celate al suo interno, lei ritornerà a vivere.
Bada bene solo colui che ama col cuore potrà salvarla dal maleficio.
Lei in cambio ti amerà di un amore eterno, infinito, sconfinato.
Ma se tu non riuscirai nell’impresa lei morirà d’amore rimanendo per l’eternità’ vittima del maleficio.”
Il principe sconcertato, si sedette davanti a quel pozzo sussurrando dolci parole nella speranza di sconfiggere il maleficio senza doversi calare nel pozzo.
I giorni passavano tristi e malinconici. Pensava e pensava, cercando una soluzione.
Un dì, varcata la soglia del giardino, i suoi occhi incrociarono uno spettacolo desolante, raccapricciante.
Gli alberi sempre verdi, i peri e i meli, altro non erano che secchi e aridi tronchi rinsecchiti.
I fiori e i fili d’erba come svaniti nel nulla e al loro posto solo una distesa incolta e arida.
Le rose e la lavanda che tanto profumavano, emanavano un fastidioso e sgradevole odore di muffa. Tutti i boccioli dei fiori di ogni specie, a terra, in evidente stato di decomposizione. Niente di più simile mai videro i suoi occhi. Dei colori sgargianti e dei profumi odorosi solo il ricordo, dissolto nel vento. Passava di lì un ragno, che aveva fatto di un albero ormai secco la sua tana e non potendo fare a meno di notare il suo evidente malessere e di ascoltare i suoi lamenti, disse: “Oh mio principe, la principessa è ritornata a questa terra, non l’hai salvata dal suo maleficio e ora sarete dannati per l’eternità’.Lei sarà costretta a rimanere per sempre prigioniera del suo pozzo.
Tu sarai dannato per l’eternità a non essere più amato e a non saper amare e lei non amerà mai più nessuno come ha amato te.” Triste e sconvolto il principe ritornò al suo castello. La leggenda narra che si chiuse dentro le sue stanze, che il suo aspetto e il suo carattere cambiarono e nulla fu più come prima.
Si racconta ancora oggi, che la rosa rossa, provi di tanto in tanto ad affacciarsi dal quel terreno incolto per vedere il suo principe ma di lui solo le sue dolci parole d’amore lasciate incise sopra una lastra di marmo bianco posto davanti al fontanile: “Ti adoro principessa, ti voglio bene”!

Anonimo


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