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Laboratorio di Narrativa: Edvige Sordillo

Creato il 17 ottobre 2012 da Patrizia Poli @tartina

gu914“Ai miei tempi” di Edvige Sordillo compensa la fatica dell’editing fra spazi e virgole con il sapore delle nostalgie antiche, il profumo dolce dei nonni, il calore di genitori trepidanti, la tenerezza delle memorie bambine, quando l’urgenza di crescere e “disegnare il futuro” dava al tempo passato una dimensione d’infinito inconoscibile, lontano anche dall’immaginare realtà diverse e sconosciute.
Un excursus dagli anni settanta ad oggi, l’inevitabile maturazione di una donna, la fine della contestazione, l’inserimento nel sistema, la maternità. Un viaggio a ritroso nella memoria materializza le diverse stagioni della vita, quelle del passato ma anche le più recenti, quelle di cui l’autrice è stata testimone e attrice, e che rivive con sottile rimpianto, anche se con il sorriso consapevole di chi sa di averla ormai raggiunta quella maturità vagheggiata e temuta nello stesso tempo. “Ai miei tempi…” Oggi altri giovani ascoltano queste parole, e scrutano, senza capirla, una luce nei suoi occhi, la stessa che un giorno anche a loro riporterà d’improvviso ciò che “avranno messo da parte”.
Un cerchio si apre e si chiude con uno sguardo che lampeggia negli occhi di un adulto, uno sguardo nostalgico che i giovani non riescono a capire per natura, ma apparterrà anche a loro, un giorno non troppo lontano.
I puntini di sospensione accompagnano il testo, lo marcano, lo ritmano e segnano il passare del tempo. I puntini sono tocchi d’arpa, campanelli, flauti che ci fanno andare avanti negli anni, guidati dalla colonna sonora delle canzoni associate a ogni decennio, dai cantautori alle boy band, da Guccini a Raf.

Patrizia Poli e Ida Verrei

AI MIEI TEMPI

“Ai miei tempi”… - diceva mio padre….”Ai miei tempi”… - narrava mia nonna.
Io bambina prima e adolescente poi, guardavo la luce nei loro occhi che il ricordo accendeva, lo sguardo perduto nelle immagini di un tempo che fu, senza capirli… Eran tempi lontani lontani, 20, 30, 40 e più anni fa … un lasso di tempo infinito e incalcolabile per i miei pochi anni… come potevano ricordarli ancora così bene?… E perché tutto sembrava essere cambiato in peggio?… Nel confronto col ricordo ogni cosa presente sembrava sbiadita, disossidata, decaduta riflettendosi nello specchio di quegli occhi invecchiati… Mi sforzavo di vedervi riflessi bambini felici di niente ed adulti “tutti di un pezzo” ma sempre pronti a darsi una mano… Mogli devote e appagate dall’essere madri e chiavi di casa lasciate attaccate alla porta “che tanto nessuno entrava…”
Ci sembrava, a me e ai miei coetanei, di esser capitati in questo mondo nel momento peggiore… “Tornate presto a casa! - ci diceva la mamma di una delle mie amichette del cuore – “oggi ci sono tanti uomini cattivi in giro.” “Troppa delinquenza – ripeteva mio padre – non si vive più tranquilli!” “Ti sei vestita come un uomo! “ – valutava la mia nonna paterna, osservandomi con disgustato disappunto – “Dove andremo a finire?..” – si chiedeva borbottando e scuotendo la testa…..
Erano gli anni settanta e le ragazze mettevano ormai la mini, la midi o la maxigonna, senza troppo scalpore, ma indossavano anche comodi jeans con ai piedi le Kickers. La rivoluzione studentesca viveva il suo rigurgito, i ragazzi cantavano in gruppo accompagnati con la chitarra le canzoni di Venditti, Battisti, Bennato e De Gregori… e si illudevano di prepararsi e assicurarsi così un mondo più giusto e migliore…
E poi… via!.. Tutti risucchiati dagli anni ottanta con le luci psichedeliche e i fumogeni, le rivoluzioni musicali e di costume, le giacche con le “spalline “ che ti facevano le “spallone”, il boom dei fast food. E i muri e i tabù che, almeno apparentemente, cadevano…
I ragazzi della mia età, un po’meno ragazzi, ormai dichiarati “maturi”, non sedevano più nei banchi, ma a scrivanie o dietro a sportelli di banca e… a cravatte. Alcuni mettevano già su casa e famiglia, altri, come me, studiavano per costruirsi un futuro, vivendo intanto il presente come se non dovesse finire mai.
Ma come cantava il caro Guccini, maestro di coerenza e di poesia in strofe, “…ad ogni inverno seguiva l’estate…”
E via ancora…. nel vortice degli anni novanta, veloci e impalpabili, come i progressi tecnologici, riflessi nell’immagine delle osannate top model e delle laccate “boy or girl band”… Vecchi muri, invisibili ma mai abbattuti nella testa, dividevano con odio ancora più feroce, mettendo fratelli contro fratelli, mentre il sogno di una Patria chiamata Europa vedeva la luce… E mentre pochi si chiedevano ancora con Raf “… cosa resterà degli anni Ottanta?…”, tutti correvano inesorabilmente col piccolo grande Lucio “verso il vento del duemila…”
Comunicare col globo diventava un gioco da ragazzi….. già, a proposito di ragazzi!!!… Persi di vista, noi, ragazzi di ieri, contestatori e ciellini, rockettari e paninari, artigiani in maniche di camicia o professionisti in giacca e cravatta, ci saremmo stretti tutti volentieri e concordi contro “quel” vento che ci portava dritti dritti ai tendenziosi e temuti “ anta”…
E il duemila venne … Sognato, temuto, immaginato, esageratamente ipotizzato e festeggiato venne… E nulla cambiò!.. O quasi…
E mentre ancora muri, materiali o astratti, riciclati o nuovi, venivano eretti a segnare il territorio, mentre i cantautori si rivestivano da rapper e le energie cominciavano a farsi rinnovabili, io e i “lontani “ ragazzi, diventati ormai madri e padri apprensivi di ragazzi “vicini” ma appartati coi tasti di un telefonino, sotto assordanti cuffiette o inabissati in un game boy, continuavamo a correre a slalom tra le croci e le delizie dell’età, cosiddetta matura…
Già!.. ancora una volta matura. …anzi, stavolta “veramente” “matura… ma chi?….io??… ma di chi stiamo parlando ???… Di quella donna che, sorseggiando il presente, non ha mai smesso di disegnare un futuro?… Di quella bimba che mi vive dentro, cocciuta e incorreggibile e che si chiede chi sia quella “signora” allo specchio che usa creme e perizie per imprigionare abominati radicali liberi e che si ostina a non crescere??… Di quella ragazza che tornando dal lavoro canta a squarciagola le canzoni dei suoi tempi che oggi sono un gettonato revival???…
“Ai miei tempi” – ora dico ai miei alunni “avevamo solo il telefono, eppure ci riferivamo i compiti quando eravamo stati assenti e confrontavamo le versioni di greco e latino e i problemi di matematica ”…. “Ai miei tempi la sera eravamo a casa alle dieci e in discoteca si ballava il pomeriggio “… “Ai miei tempi” fare una balla “era una cosa rara che si continuava a raccontare per anni” “….” Ai miei tempi non avevamo bisogno di computer e tv per non annoiarci né di sms per comunicare “…..” Ai miei tempi…..”
Mi interrompo e li osservo…
Guardano la luce che il ricordo accende nei miei occhi… le immagini di un tempo che fu riflesse nel mio sguardo, senza capirle… 20, 30, 40 anni, un lasso di tempo infinito ed incalcolabile per i loro pochi anni…
Abbasso gli occhi e sorrido.
“So che fate fatica a capire – gli dico - … Prendete i quaderni e, per ora, mettete da parte quello che avete ascoltato… Vivete la vostra vita e un giorno, senza che lo vogliate, senza che ve ne accorgiate, quello che avete messo via vi tornerà in mente all’improvviso.
E saprete perché vi sto sorridendo.

Edvige Sordillo



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