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Laboratorio di Narrativa: Giovanni Parigi

Creato il 27 ottobre 2012 da Patrizia Poli @tartina

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Parte con un’idea originale, “Farfalle nella neve” di Giovanni Parigi, peccato che si contragga nel finale.
Un cardiochirurgo di fama deve tenere la sua prolusione a un gruppo di ragazzi, cerca un simbolo per parlare dell’organo che tutti abbiamo in petto, quello che ci tiene in vita. Non si esprime in termini medici o anatomici ma usando il cuore come metafora di sensibilità, amore, emozione. Per farlo, ricerca un’immagine in internet ed è colpito da alcune farfalle nella neve. Lascia poi ai suoi studenti il compito di capirne l’importanza, il messaggio segreto.
Nell’aula affollata di studenti c’è attesa, meraviglia, curiosità. Cos’è il cuore? Un organo da studiare, analizzare, sezionare? No, il professore vuole che i suoi ragazzi ne ascoltino soprattutto il battito, le pulsazioni, che sono vita, emozioni, sentimenti. E allora li invita a osservare uno strano dipinto, un paesaggio innevato dove si possono scorgere orme di varia natura. E tra le impronte, appare inverosimile, vi sono anche quelle di farfalle. Quale segno possono mai lasciare sulla neve ali leggere e lievi? Eppure quelle tracce ci sono, si tratta di ravvisarle nella trama tessuta come palpito di vita. Il professore cerca con sottile ragionamento di condurre gli studenti a cogliere l’allegoria contenuta nel dipinto e li incalza con domande, inviti all’osservazione, appelli alla riflessione. Laddove molti animali pesanti, compreso l’uomo, lasciano nella neve orme prive di senso, le leggere farfalle si sono posate seguendo un pattern, evidenziando un disegno nascosto, creando e comunicando.
Solo se si ha il coraggio di accogliere l’altro, se ci si apre al confronto e al sentimento, si può andare oltre il semplice “calpestio”, la pressione greve e dolorosa esercitata su di noi dal prossimo, per scoprire invece l’impronta, la trama, la creazione di qualcosa che resterà per sempre.
C’è un buon ritmo nel racconto, una sapiente strategia per risvegliare interesse e curiosità, anche se l’effetto si perde per il ricorso a momenti didascalici che appesantiscono la narrazione.

Patrizia Poli e Ida Verrei

Farfalle nella neve

Il Professor Sandri, uomo di mezza età e cardiologo di fama internazionale, aveva ricevuto l’incarico di inaugurare quell’anno accademico. Erano giorni che rifletteva su cosa avrebbe dovuto dire, ma per il momento era solo convinto della necessità che gli studenti sentissero il battito del cuore, più che vederne l‘anatomia. I suoi pensieri erano tutti concentrati su come dare una veste di parole e concetti a questa ispirazione, quando, girovagando su internet, s’imbatté in uno strano dipinto: un prato innevato accoglieva le orme di molti animali, compreso l’uomo, che la legenda, anch’essa dipinta, elencava. Sorrise di quella che bonariamente definì una tela partorita dalle profondità più recondite del web, ma continuò senza motivo a osservarla, leggendo di tanto in tanto il nome delle impronte che non conosceva. Fu così che a un tratto lesse: “Impronta di farfalla”.
“Delle farfalle sulla neve” pensò “che strano, non credo di aver mai letto o visto nulla in proposito. Diamo un’occhiata nei motori di ricerca”. Così vide che solo un sito proponeva qualcosa. Mostrava quello che sembrava essere uno stendardo con dipinte alcune grosse farfalle variopinte in un giardino sotto una fitta nevicata.
“Butterflies in the snow. Oregon” lesse oltre il nome dell’autore della foto. Poi tornò al dipinto, che sempre più gli comunicava qualcosa che però sfuggiva agli occhi.
“Ecco… c’era qualcos’altro, non è un quadro così… questo dirò alla lezione inaugurale. Ma tu guarda…” esclamò a un tratto tutto contento.

L’aula era gremita. I giovani studenti ne affollavano anche l’ingresso, tanto che il professore dovette farsi largo chiedendo più volte permesso. Non aveva portato con sé che un foglietto con pochi appunti, giacché aveva intenzione di tenere la lezione inaugurale a braccio. Nel foglietto c’era scritta anche la cosa più importante: l’indirizzo web che gli avrebbe permesso di mostrare a tutti gli studenti il dipinto.
“Su gentile richiesta dei miei colleghi mi è stato chiesto di inaugurare l’anno accademico, cosa che mi accingo a fare non prima di chiedere tutta la vostra attenzione. In particolare vi chiedo di rivolgerla al dipinto che vedete sullo schermo alle mie spalle” disse agli studenti che fecero immediatamente silenzio. Occhi curiosi cominciarono a frugare quel prato innevato solcato da orme alla ricerca di qualche attinenza con la laurea in medicina.
“Che cosa vi suggerisce? Secondo voi perché l’ho proposto? Dite la vostra opinione con ordine, alzando prima la mano”. Si alternarono molteplici risposte, che il professore commentava senza mai deludere, ma, al contrario, incoraggiando.
A un tratto, uno studente quasi fuori della porta esclamò: “Sono tutte impronte di animali piuttosto pesanti. Si capisce certamente dall’elenco della legenda, ma anche dal dipinto si vede che le orme sono ben impresse nella neve. Qualcuna, come quella dell’uomo, è addirittura profonda. Le uniche appena visibili sono quelle della farfalla”.
“Bravissimo! Adesso siamo sulla buona strada, ma c’è dell’altro: c’è il messaggio dell’artista. Osservate con più attenzione” disse mentre lo studente che aveva data la spiegazione si prodigava, contento e con il braccio destro teso a indicare il dipinto, nello sforzo d’illustrare agli studenti più sfortunati, perché fuori dalla porta, quanto appena detto.
“Allora? Vedo tutte braccia ben distese sui banchi e sui fianchi… potrei aiutarvi, ma sono certo che ci arriverete da soli. Non cercate significati solamente nella medicina o nella cardiologia, osservate, osservate bene.”
Dopo un po’ una studentessa dalla bella e fresca faccia con un paio di occhialetti tondi, si fece coraggio e alzò la mano. “Le orme di farfalla formano un cuore, professore”.
“Oh, siamo arrivati al punto signorina! Formano un cuore! Capite cose ha voluto dire l’artista che non so quanto sia famoso perché l’ho pescato casualmente dal web? Le impronte che gli altri lasciano nella nostra vita, nel nostro cuore, non le dobbiamo giudicare dalla loro profondità, direi dalla loro violenza, ma dall’importanza che hanno avuta, se cioè hanno prodotto qualcosa in noi. Tutte le orme del dipinto, in particolare quella dell’uomo, sono ben marcate ma non conducono a niente, si perdono nella neve. Solo gli esili zampette di una farfalla hanno tessuto una trama”. Qui il professore fece una pausa, poi aggiunse: ”Lasciate, allora, che nevichi nel vostro cuore e che qualche farfallina o… ,perché no, farfallone imprima la sua delicata trama”. Si udirono le risate delle studentesse a queste ultime parole, mentre al professore non rimaneva che dire qualcos’altro prima di uscire dall’aula, cosa che fece subito dopo che tutti quei futuri medici e cardiologi si erano presi qualche istante di pausa, dicendo: ”Per il resto ragazzi, il cuore non è altro che un’infaticabile pompa che qualche volta s’inceppa, in altri casi, talvolta sfortunatamente prima del tempo, si ferma, ma mai si ammala di cancro, come, purtroppo, è successo a me. Me l’hanno diagnosticato una settimana fa, quindi quasi in coincidenza con questa lezione. Ho pochi mesi di vita e non terrò nessun’altra lezione. Ci tenevo così tanto a incontrarvi che non ho informato la Presidenza la quale ancora è all’oscuro di tutto. In bocca al lupo ragazzi e mi raccomando, prima di imparare l’anatomia e la fisiologia di un cuore, amatene il battito”.
Nell’aula scese il gelo mentre il professore si alzava e si dirigeva verso la porta. Regnava un silenzio palpabile. Stava nevicando su molti cuori.

Giovanni Parigi


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