Originale questo “Io vedo” di Maria Antonietta Pinna. Prende, diverte e incuriosisce, poi ribalta le attese, con un abile colpo di scena finale.
Storia tutta incentrata sul colloquio tra analista e paziente, con uno stile fatto di battute veloci, di narrazione che, da un lato è ricordo divertito, allucinato, dall’altro è rivisitazione surreale di stati d’animo: lucida, acuta follia, rivelata attraverso scene dipinte come fotogrammi di una comica d’altri tempi. Con abilità narrativa, l’autrice fa rotolare la storia, con il dialogo sempre più incalzante, verso un graduale, esilarante scambio di ruoli, e il divertente, imprevedibile esito finale.
La trama si arricchisce di simboli e rimandi. Punto focale di tutto il racconto è l’Occhio, che fa vedere, che rende vivi. Polposo e sapido, viene ingurgitato come in un rituale pagano - dopo essere stato estratto dall’agnello sacrificale - ma anche ritrovato poi nella suocera, gelido carnefice dallo sguardo ceruleo, che si trasforma, a sua volta, in vittima.
Il tempo della narrazione passa dal presente al passato, dall’immediato al ricordo, i dettagli si accumulano, solo apparentemente innocenti, portando il lettore su una pista sbagliata. La prosa è scorrevole, godibile, così come la struttura del racconto. La scrittura è basata su un dialogo perfetto: denso, deciso e colloquiale al punto giusto.
Patrizia Poli e Ida Verrei
Trovate il racconto nell’archivio del Laboratorio di Narrativa.