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Laboratorio di Narrativa: Marina Demelas

Da Patrizia Poli @tartina

 

Ora c’erano quei giorni dipinti dal paesaggio della campagna, quella chiesa campestre di Santa Maria, il suo altare spoglio dalle sue vesti doveva essere spolverato da quella polvere che rimaneva sempre dopo anni che non si usava: ora doveva splendere come uno specchio dove si rifletteva la vita, la gioia dello stare insieme.”

Non posso inserire il racconto “Caro diario” di Marina Demelas perché irragionevolmente lungo per questa sede. Posso però dire che mi ha fatto tanto riflettere su cosa sia la scrittura. Superato un iniziale fastidio, forse un pregiudizio, ho subito pensato ai quadri di Ligabue. Mi sono chiesta se alla creatività davvero occorrano razionalità e struttura – o se non siano piuttosto di ostacolo – per raggiungere certi alti livelli di sgrammaticata poesia, per dipingere una così immensa, sconvolgente, solitudine, e brani di assoluta dolcezza. Mi ha smosso qualcosa dentro, nelle viscere, questo scritto pieno zeppo di errori, di cambi - tempo e persona, tu/lei, a segnare la continua entrata e uscita dal sé, il guardarsi da fuori, addirittura attraverso gli occhi amorevoli del lui sognato e desiderato.

Una ragazza malata vive sotto una campana di vetro, “senza volto, senza presente, senza passato, senza futuro”. Chiede agli ex compagni di scuola: “ma c’ero anch’io?”, cerca nelle fessure di un muro bigliettini inseriti da bambina, quasi a conferma del suo esistere. Trova conforto in Facebook, il mondo dove “tutti ti vogliono bene” (certo, come no!) e dove si può far emergere il meglio di sé (ma anche il peggio). “Almeno aveva il presente fra le mani e lo custodiva gelosamente nel suo computer”.

Il mondo esterno le fa paura, si sente spiata e disprezzata dai compaesani che pur non smette di amare, non le rimane che il suo blog al quale gridare la sua disperazione - “finché vivrò non mollerò questo blog, un mio diario, dove raccogliere tutte le mie poesie, i miei disegni, chissà qualcuno leggerà e allora non mi sentirò sola”- e una stella, lontana e fredda nel cielo invernale, unica confidente della sua sofferenza. Tutto ciò che desidera è essere normale, guardarsi allo specchio, piacersi, vivere un amore romantico, limpido e puro.

La ragazza vecchio stampo, una ragazza che sogna di essere normale, quando invece non lo è, una ragazza che voleva amare e non poteva.”

“Anche la salute me l’hanno portata via, ho un’anima forte, e anche se la lingua cattiva delle gente uccide, io vado avanti, cammino e faccio finta di nulla.”

“Non so più cosa scrivere so solo che mi sento sola e che dire bo non so tanto a chi importa. Comunque continuo a vivere anche così, mi manca un amore che non viene mai mi parla col pensiero ed io lo abbraccio forte.”

Patrizia Poli


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