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Laboratorio di Narrativa: Wania Viola

Creato il 02 novembre 2012 da Patrizia Poli @tartina

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Non è un racconto ma la concretizzazione di un desiderio “Quello che Vorrei” di Wania Viola.
Una donna aspetta il suo uomo, ne desidera l’attenzione, le carezze, vorrebbe esserci per lui, oltre gli affanni, il lavoro, la stanchezza, vorrebbe poter assolvere il compito di consolatrice, di rifugio caldo com’è caldo il fuoco acceso nel camino. Non cerca sesso ma vi si abbandona quando la tenerezza t

rascolora. Cos’è l’amore? È un caminetto acceso? Gli sguardi che s’incontrano? Che si cercano? È una cravatta allentata e le gambe allungate sul divano? O forse il tocco sapiente di mani “tenere e amorevoli” che ti percorrono, mentre fuori la pioggia sottile simile a “sabbia lanciata” picchia sui vetri? Forse l’amore non è solo questo, forse non è solo due corpi sul pavimento che si fondono sin nell’anima, forse non è una testa abbandonata sulle ginocchia, ma il cuore può gonfiarsi di gratitudine, può confondersi, placarsi e abbandonarsi al sogno.
Delicato e tenero bozzetto di un incontro d’amore, tutto giocato su immagini che ti fanno pensare a una quotidianità appagante, alla dolcezza infinita di una serenità raggiunta. Ma il titolo svela un’amarezza sottile, ci racconta la verità: “Quello che vorrei”…
Il linguaggio artificiale della prima frase rende meno incisivo questo quadro fatto di fuoco, di corpi che si fondono, di notte fuori.

Patrizia Poli e Ida Verrei

Quello che vorrei

“Adesso vieni qui. Lascia che ti guardi. Siediti vicino a me. Voglio sentire la dolcezza della tua voce, le tue carezze.”
“Non ho voglia Eliane. Sono stanco. Ho viaggiato tutto il giorno.”
“Ma solo un attimo, poi andiamo a dormire. Lo giuro.”
Sorride, piegando un poco l’angolo della bocca, come fa di solito quando vuole accontentarmi. Lo vedo che è stanco. Tendo una mano verso di lui.
“Avanti, siedi qui sul divano. Ho acceso il fuoco. Ti prendo da bere.”
Allunga le gambe. Disfa lentamente il nodo della cravatta. Mi fa tenerezza. Quelle mani! Così lunghe, così forti, così grandi! Quando mi accarezza il viso le sento avvolgermi dalla fronte alla gola. La pressione è delicata, il tocco è caldo.
“Accarezzami” gli chiedo.
Adesso suona l’orologio. Le undici. C’è ancora spazio prima del sonno. Mi accosto a lui. Mi guarda negli occhi, si volta verso di me, mi prende il viso, mi bacia. Mi accarezza. Le sue mani arrivano dappertutto, sapienti, calde, tenere, ammirevoli. Completamente appagata lo assecondo, lo stimolo, lo provoco. Ci siamo solo noi, ormai nudi, ormai sul pavimento. Mi penetra con dolcezza, fino in fondo. Fino nell’anima. E continua ad accarezzarmi.
Fuori piove, monotono e sottile. La pioggia picchia sui vetri come sabbia lanciata. È molto tardi, ora. Lui si è addormentato sul divano, la testa sulle mie ginocchia. Io gli scosto una ciocca ribelle e mi chino a baciarlo sulla fronte, il cuore gonfio di gratitudine.
Mi domando se l’amore è questo.

Wania Viola



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