chiunque si occupi di spettacolo sa benissimo che le lacrime sono il mezzo più semplice per creare empatia verso il protagonista che le “produce”. è il mezzo più semplice per far immedesimare nell’ eroe senza paura lo spettatore, che eroe non è e non sarà mai, che prima di gettarsi in battaglia si scarica in un pianto liberatorio consapevole della sua imminente fine. è il mezzo per “mascherare” d’ umanità il torturatore che fino a quel momento era sembrato una macchina incapace di provare emozioni. lo sa bene la carrà che alla fine degli anni ’90 aprì la strada ai nuovi varietà-reality sommersi da litri di lacrime per ogni episodio e con milioni di telespettatori “credenti”.
certo, nessuno nel precedente governo, il più cialtrone della storia italiana, di stampo porno-imprenditorial-bauscia, sarebbe risultato credibile. chi avrebbe mai creduto alle lacrime della gelmini, della meloni, della prestigiacomo e a quelle impossibili della santanchè? nessuno, questo è certo.
ora invece ci sono i tecnici, o presunti tali, che invece inaugurano il nuovo volto della politica, un volto percorso dalle lacrime e dalle parole strozzate in gola.
la prima protagonista risulta efficace e credibile. cosa si nasconda dietro quelle lacrime però solo lei lo sa veramente. sono come le lacrime della ragazza che piange di fronte al ragazzo che sta lasciando, consapevole che il gesto è terribile nell’ immediato ma con la certezza che sia la soluzione per nuovo futuro pieno di altre storie d’amore, quasta volta felici per entrambi, oppure solo le lacrime del re sconfitto, che sa che come re sarà solo esiliato ma avrà la vita salva, ma è invece consapevole che la stessa sua sorte non toccherà al suo popolo che dovrà affrontare la dura realtà di schiavitù e vita precaria a tempo indeterminato?
ma che importa la verità quando l’ unica regola dello spettacolo è “the show must go on”